Service Management Industriale : meno gerarchie, più sostanza


Dal 2003 promuovo una maggior cultura e conoscenza sulle operations di service post-vendita/field service nazionale/internazionale in ambito industriale.

In molti OEMs del comparto service (field/post-vendita) beni strumentali/impianti industriali (non solo grandi organizzazioni, ma anche PMI), si osserva da tempo una dinamica che rischia di apportare scarso valore aggiunto all’azienda e ai suoi clienti: la moltiplicazione di livelli manageriali (supervisori, coordinatori, gestori) che sono più formali che realmente efficaci.

Il risultato?

– titoli altisonanti negli organigrammi e biglietti da visita, responsabilità-trasversabilità (anche HSE) elevate, ma nel contempo autonomia ed autorità sempre più limitate

– poca autonomia decisionale in particolare lato prevenzione, miglioramento, potenziamento organizzativo-esecutivo, attuazione di lessons learned

– distanza crescente tra chi guida e chi lavora sul campo

Il paradosso più evidente riguarda anche la relazione con il cliente: che viene spesso gestita a distanza, non sempre per efficienza, ma per evitare talvolta fastidi-pressioni-solleciti (es. un cliente pressante, esigente o peggio insoddisfatto) e/o mitigare-diluire responsabilità, rischi esecutivi. In questo modo però si perde il contatto con la realtà (e qualità) del servizio (che rappresenta, il proprio ed altrui lavoro “di cura” da erogare al cliente in difficoltà !), con i problemi veri da risolvere, e soprattutto con le persone (clienti paganti e proprio personale in campo, che di frequente richiedono una immediata, continua estensiva attenzione-assistenza, talvolta complicata da importanti differenze di fuso orario tra la casa madre dell’OEM e il sito cliente dove sono in corso i lavori).

Questa riflessione è avvalorata da tutta una serie di ricerche personale (inserzioni di lavoro) che si leggono ad esempio su LinkedIn e che mi confermano una tendenza sempre più diffusa del comparto service industriale:

  • inserire tra la leadership aziendale e gli operativi uno strato crescente di middle e line managers (spesso ascrivibili ai lavori descritti dal celebre antropologo David Graeber, con inquadramenti contrattuali depotenziati e salari deflazionati rispetto ad un tradizionale manager d’ufficio/reparto), il cui ruolo-autorità principale non è tanto quello di migliorare “fattivamente-organicamente” l’organizzazione o l’esecuzione, quanto quello di rivestire una mera funzione “operativa-facilitatrice” in processi-strutture organizzative complesse (spesso sottodimensionate o inadeguate rispetto al carico e tipologia di lavoro tecnico-gestionale-esecutivo da sovraintendere), oltre alla mansione di interfaccia tra le figure apicali con i propri team operativi, ma soprattutto con il cliente (il tutto, ripeto, con basso grado di autorità, autonomia, ma elevata trasversabilità, reperibilità, responsabilità esecutiva, HSE, oltre che abnegazione nel raggiungimento degli obiettivi di performance economica)

Fa riflettere (imprenditorialmente parlando) rilevare quanto sia in aumento nelle aziende (grandi,medie, piccole) che erogano attività di field-service/post-vendita, l’attenzione (spesso spasmodica) organizzativa-funzionale-gerarchica atta ad evitare il contatto diretto tra la leadership e il cliente, (talvolta anche solo via telefono/e-mail), soprattutto quando quest’ultimo non è soddisfatto del servizio o prodotto ricevuto e innesca reclami.

Da lavoratore, ti rendi conto di appartenere a questa categoria di “responsabili supervisori, coordinatori, gestori depotenziati, d’interfacciamento” quando, nonostante il titolo manageriale altisonante (magari in inglese, così da far presa sui clienti, convinti di interloquire con “qualcuno di realmente autorevole”), non disponi di autorità gerarchica reale (il personale a tua disposizione non risponde direttamente a te, ma dipende e va quasi sempre autorizzato da altro responsabile di funzione), né di deleghe né del minimo potere o autonomia di spesa.

Inoltre sta via via emergendo la prassi d’incaricare per tali ruoli, sempre più impiegati amministrativi e/o generici (purchè laureati), mentre in passato almeno si vagliavano profili di ex specialisti tecnici (tradizionalmente periti industriali) sia lato formazione (meccanica, elettrotecnica, elettronica, etc.) che percorso lavorativo pregresso.

Ma non è tutto.

Questa stessa logica viene spesso traslata negli organigrammi “moderni” anche per altri “non nobili” scopi che spesso danneggiano l’azienda nel medio lungo termine.

Mi riferisco al creare multilivelli gerarchici non tanto per prevenire problematiche o gestire meglio i rischi, ma per diluire le responsabilità in caso di crisi operative (escalations, claims, penalties, back-charges, liquidated-damages e/o peggio sinistri).

Credo che qualunque imprenditore concordi con me che sia tempo di riportare al centro la sostanza (ed il coraggio di fare il manager, director, officer fino in fondo senza troppi scudi spesso solo di “carta”):

  • meno filtri gerarchici e burocrazia da organigramma
  • più responsabilità reale-diretta e distribuita dove realmente serve (all’azienda, ma anche al cliente)
  • più dialogo diretto, sia verso il team che verso il cliente

Il valore del service industriale si misura dall’esecuzione e risultato sul campo, non dal numero di fatture (e relativi ricavi, profitti) comunque pagate da un cliente insoddisfatto (che però in futuro non acquisterà più da noi), ma soprattutto non in organigrammi costruiti per proteggere anziché guidare.

Serve più coraggio manageriale. Meno show, più leadership vera. Ma soprattutto non basta più comandare dall’alto (con l’attenzione volta principalmente all’estrazione di “Profits ed Executive Bonus”); serve invece essere coinvolti assieme a chi opera dal basso (mercato) e si interfaccia quotidianament con i clienti.

P.S. questo articolo declinato al service industriale non è l’ennesimo “sfogo del lavoratore”, ma si fonda ed ispira al classico ed illuminato manuale di management (La Piramide Rovesciata) scritto dall’ex presidente della SAS (compagnia aerea di bandiera scandinava) Jan Carlzon (il quale negli anni 80 si assume la guida di un’azienda in crisi, con il morale dei dipendenti basso, una quota di mercato a rischio e numerosi conti in rosso, e nel giro di un solo anno la trasforma nell’impresa leader in Europa)

Il valore insostituibile dei tecnici di field service come ambasciatori del service post vendita industriale

Nel comparto altamente competitivo delle applicazioni per l’automazione industriale e dei beni strumentali industriali, dove innovazione, qualità e affidabilità dei prodotti richiedono ingenti e continui sforzi economici, (nonostante i volumi di fatturato e le marginalità siano sempre più sotto pressione) il service post vendita assume un ruolo strategico di crescente importanza.

Oltre alla fornitura di componenti, sistemi, equipaggiamenti, macchinari e attrezzature all’avanguardia, le aziende “lungimiranti” si stanno concentrando sempre di più sulla creazione di relazioni di fiducia e sulla soddisfazione del cliente a lungo termine (obiettivo che con la sola propria forza vendita tradizionale sta diventando sempre più difficile da attuare). In questo contesto, i tecnici di field service sono diventati un prezioso punto di riferimento e, al tempo stesso buoni venditori di contratti service e ricambistica.

In questo post, esplorerò sinteticamente (il tema è molto più ampio, complesso ed articolato) il motivo per cui i tecnici di field service sono fondamentali anche per il “successo commerciale” del servizio post vendita industriale.

I tecnici di field service (in particolare quelli senior) rappresentano la perfetta combinazione di conoscenze tecniche approfondite e capacità di comunicazione eccezionali. Sono gli esperti sul campo che conoscono a fondo i prodotti, tecnologie dell’OEM per il quale da anni lavorano, ma soprattutto gli ambiti di utilizzo (e i relativi limiti-problemi) presso i clienti finali e possono risolvere efficacemente molti dei loro problemi funzionali, manutentivi e produttivi. Questa competenza tecnica consente loro di fornire un supporto ad elevato valore aggiunto, perchè mirato, rapido ed efficiente, facendo risparmiare tempo e denaro ai clienti (o in certi casi aumentando anche la produttività-affidabilità delle linee-processi produttivi/manifatturieri).

Grazie alla loro vasta esperienza e alla familiarità con i prodotti supportati in campo, i tecnici di field service sono in grado di promuovere, illustrare in modo convincente i benefici dei contratti per i “servizi tecnici” oltre all’acquisto della ricambistica originale.

La fiducia è un elemento essenziale in qualsiasi relazione commerciale di successo, e i tecnici di field service più capaci e performanti sono soliti guadagnarsi la fiducia dei clienti attraverso la loro professionalità, la competenza e l’impegno per una risoluzione rapida dei problemi (sarà capitato a tutti i gestori del post-vendita sentirsi richiedere dal cliente sempre e solo quel tecnico particolare per ogni intervento). Poiché lavorano a stretto contatto con i clienti sul campo (a volte per settimane o mesi come nel caso delle messe in servizio più complesse), sviluppano relazioni personali e instaurano un rapporto di fiducia, diventando così i migliori ambasciatori degli OEMs. Questa fiducia è fondamentale per convincere i clienti ad adottare contratti di service a lungo termine e a preferire i prodotti di ricambio originali rispetto a quelli di terze parti.

Questo perchè i tecnici di field service sono i primi a rendersi conto dei vantaggi dei contratti di service a lungo termine e dell’utilizzo di ricambi originali. Essendo direttamente coinvolti nella messa in servizio, ricerca guasti, manutenzione e in certi casi anche nella riparazione dei prodotti. Sono pertanto i primi testimoni delle conseguenze di una manutenzione insufficiente o di ricambi di bassa qualità. Questa consapevolezza li porta a promuovere attivamente i contratti di service e l’utilizzo dei ricambi originali come una soluzione preventiva per evitare costosi guasti o interruzioni della produzione (oltre a ridurre i loro viaggi per interventi in emergenza, che sono quasi sempre un fastidio per lo stesso tecnico di field…..). La loro influenza sulle decisioni di acquisto dei clienti è inestimabile, poiché possono fornire testimonianze concrete dei benefici tangibili derivanti dall’adesione a contratti di service estesi e strutturati.

Per garantire che i tecnici di field service siano costantemente all’avanguardia e in grado di fornire il miglior supporto possibile ai clienti, è però necessario investire in un programma di formazione continua e raccogliere il loro prezioso feed-back dal campo, anche e soprattutto quando l’asset avviato, manutenuto presenta ricorrenti-cronici difetti funzionali (suggerisco sempre di farli accedere al CRM aziendale in modo da integrare e scambiare il loro know-how con il team commerciale service) . La tecnologia e le innovazioni industriali avanzano rapidamente, e i tecnici devono essere preparati ad affrontare le sfide emergenti. La formazione continua non solo li mantiene aggiornati sulle ultime tecnologie, ma migliora anche le loro competenze di vendita e comunicazione. Questo li abilita e li rende maggiormente sicuri nel promuovere in modo convincente il service e la ricambistica originale come parte integrante del pacchetto di assistenza post vendita.

Nella moderna strategia di service post vendita industriale, i tecnici di field service ricoprono un ruolo cruciale come ambasciatori del marchio (l’OEM tradizionalmente prodotto-centrico deve comprendere che al mercato non solo è più sufficiente mostrare capacità ingegneristica e produttiva, se poi il service è sotto dimensionato o peggio inadeguato). La competenza tecnica del reparto service, la fiducia guadagnata attraverso relazioni di lungo termine con i clienti, la promozione attiva dei contratti di service e l’utilizzo della ricambistica originale sono fattori determinanti per il successo a lungo termine delle aziende produttrici di beni strumentali industriali.

Riconosciamo pertanto il valore insostituibile dei tecnici di field service e continuiamo a investire nella loro formazione (anche di stampo commerciale) e sviluppo, poiché questo equivale ad aumentare la soddisfazione dei clienti e il successo del business.

Safety-First!

Di tanto in tanto, in qualche post sul service industriale, mi piace lasciare qualche piccolo ‘Tips’ lato HSE (chi ha lavorato in particolare nelle commesse USA/Japan sarà abituato sin dagli anni 90 ai famosi “Workplace/Safety-First Tips” di fine riunione)

Per non incorrere in operazioni-manovre potenzialmente rischiose in campo-cantiere, le aziende devono sempre affidarsi al vecchio adagio “ad ognuno il proprio mestiere” evitando di deputare (per urgenze e/o savings economici) tecnici di field service con prevalente esperienza-competenza nel digitale (discipline elettroniche, elettriche-segnali, sistemistiche, software) ad operazioni di esecuzione, coordinamento, supervisione (ricoprendo così senza i necessari requisiti di idoneità anche i delicati ruoli di preposto) per lavori di montaggio (dove sono richiesti muletti, carri ponte, gru, PLE) e cablaggi di potenza.

**P.S. leggendo alcuni annunci di lavoro su LinkedIn per elettronici-meccatronici-elettromeccanici industriali junior il mercato del lavoro sembra purtroppo (lato HSE e qualità del lavoro) andare nella direzione opposta, visto che si ricercano anche singoli-giovani tecnici con competenze unificate da montatore-aggiustatore meccanico, elettricista cablatore, sistemista-programmatore PLC. Tali professionisti naturalmente esistono, sono rari e sono il più delle volte dei senior con una decina d’anni di trasferte in campo-cantiere e/o attività manutentiva di fabbrica-impianto alle spalle

Stesso discorso con i ruoli al contrario. E’ potenzialmente rischioso avvalersi di esperti montatori meccanici e cablatori elettrici incaricandoli (senza le necessarie competenze) di effettuare, coordinare, supervisionare lavori (che presuppongono l’energizzazione dei quadri elettrici ed il movimento manuale anche parziale di organi automatici degli equipaggiamenti) di collaudo, pre-commissioning, commissioning, assistenze tecniche, manutenzioni specialistiche.

**P.S. anche se noto a tutti gli operatori dell’industria, ricordo che tra bassa tensione (BT) e media tensione (MT) non c’è diretta-immediata intercambiabilità professionale (in particolare nel passaggio tra BT e MT) se non dietro estensivo specifico addestramento teorico-pratico ed idonea esperienza in affiancamento

Per i non addetti ai lavori, i tecnici di field service (i famosi trasfertisti operai, tecnici, periti, ingegneri) non sono figure tecniche intercambiabili-secondarie-marginali, ma seri e validi professionisti (dotati spesso di una specifica specializzazione/verticalità) che per operare autonomamente ed in solitario (spesso dall’altra parte del pianeta, in nazioni disagiate e senza il supporto di prossimità dell’azienda per la quale lavorano), hanno saputo negli anni apprendere (quasi sempre On-the-Job), distillare e concentrare le necessarie competenze tecniche-ingegneristiche multi-disciplinari necessarie a collaudare, avviare, riparare, manutenere complessi sistemi-equipaggiamenti progettati da diversi uffici d’ingegneria applicativa (meccanica, elettrica, elettromeccanica, elettronica, sistemi, R&D, etc.)

Non Tutte le Linee di Service Industriale sono Redditizie

In anni di pregressa attività lavorativa ho avuto modo di specializzarmi nella vendita, gestione, esecuzione di complessi contratti e progetti (nazionali/esteri) su commessa nel service post-vendita industriale in particolare lato beni strumentali/sistemi “software-intensive” (customer care, site/field, after-sales, aftermarket, lifecycle) operando sempre con una forte attenzione rivolta a ridurre ed evitare i rischi e le criticità tipiche del comparto, in particolare in quest’ultimo periodo che ha visto la nascita di un nuovo paradigma di business (ancora scarsamente diffuso in Italia) per gli OEMs basato sulla servitizzazione manifatturiera.

Un modello innovativo già in uso da più di un decennio nel comparto software/hardware dei moderni sistemi informativi (basato sinteticamente su un meccanismo di sottoscrizione “paghi per l’uso” con service post-vendita incluso nel canone) ma potenzialmente rischioso per i fornitori di beni strumentali industriali che ad oggi non sono stati sistematicamente in grado di vendere e gestire profittevolmente il proprio service post-vendita basato ancora su pratiche commerciali e contrattuali più tradizionali basate su contabilizzazioni economiche principalmente a misura (soprattutto per le attività in campo internazionali) e solo in parte a corpo.

E’ risaputo che gli end-user sono diventati molto più esperti e attenti ai costi. Oggi molti dei responsabili di impianto, stabilimento e manutenzione (che sono poi gli interlocutori principali per chi si occupa delle vendite di servizi tecnici) vedono il service industriale moderno offerto dai fornitori come indispensabile, anche se a volte eccessivamente costoso-pervasivo e che (se non regolamentato) alla lunga potrebbe esternalizzare parte delle loro mansioni, pertanto tendono (comprensibilmente) a mostrare interesse solo per un numero limitato e mirato di servizi sufficienti per essere supportati principalmente nelle situazioni più complesse e/o di emergenza.

Per tale motivo (pur consapevoli di veder rigettata l’offerta) è necessario presentarsi dal potenziale cliente (end-user) sempre e solo con una proposta commerciale di valore ed integrata (stando ben attenti a valutare le richieste di estensioni di garanzia su componenti, sistemi, equipaggiamenti e macchinari datati), senza scorporare o frammentare (anche in termini economici) la linea di servizio offerta, pena il rischio di finire relegati nella sola vendita (anti economica) di singole ma dispendiose attività delle quali elenco una piccolissima parte a titolo di esempio:

  • ricerca di un numero limitato e mirato di componenti commerciali difettosi fuori produzione (il business del service industriale per essere sostenibile deve essere in grado di vendere anche set mirati e completi di ricambi, lasciando al mercato dei broker di materiale le ricerche mirate di singoli componenti commerciali sciolti ed osboleti)
  • incarichi per la risoluzione “spot” di singole e croniche problematiche tecniche (senza far sottoscrivere un accordo di assistenza e manutenzione almeno annuale)
  • offerta gratuita di supporto telefonico ed e-mail (in orari di ufficio) senza che venga sottoscritto un accordo di assistenza e manutenzione (ritenendo erroneamente che il semplice servizio e-mail/telefonico vada fatto pagare solo fuori dall’orario lavorativo, salvo poi scoprire che il cliente “furbetto” sarà da li in poi libero di impegnare-monopolizzare (senza limiti di tempo) al telefono/e-mail il personale tecnico/commerciale ogni qualvolta avrà un problema (il più delle volte banale), sottraendolo magari da altre attività di supporto ai clienti paganti con contratto)
  • avvantaggiarsi commercialmente comunicando al cliente oltre ai canali telefonici/e-mail dedicati al service anche i riferimenti di contatto diretti dei propri responsabili aziendali. Prassi che servirà solo a tagliar fuori l’organizzazione di service post-vendita preposta ed innescare continue e caotiche escalations interne (e relative disfunzionalità organizzative nel breve-medio termine anche per tutti gli altri interventi di field service in preparazione e/o già in corso)
  • disponibilità all’invio “spot” di tecnici in campo dietro semplice richiesta del cliente (fatturato a misura/consuntivo) senza che venga anche sottoscritto un contratto di reperibilità, assistenza e manutenzione per i futuri interventi (fondamentale per coprire i costi di supporto-analisi tecnica, lifecycle-management/RCA specifici per la sua base d’installato)
  • micro lavori di sostituzione componentistica obsoleta (phase-out) o ammodernamenti (upgrade, retrofit, revamping) di piccola entità (e fatturato/marginalità) comparati al valore e complessità del prodotto oggetto dell’intervento. Attività che non serviranno altro che a far riaccendere onerose-rischiose garanzie, magari su un sistema/equipaggiamento/macchinario ampiamente già a fine vita (che poteva quindi essere riammodernato integralmente o addirittura rimpiazzato con uno nuovo!!). Tale problematica la segnaliamo anche alle numerose startup/società di informatica che si sono buttate (senza pregressa esperienza contrattuale, esecutiva nell’automazione industriale) nel settore Industria 4.0/Manutenzione 4.0, ritrovandosi poi anche loro invischiate (alla stregua degli OEMs) nelle sempre più frequenti dispute commerciali sulle cause dei fermi macchina
  • interventi in garanzia perchè il cliente ritiene (a volte senza dare evidenze o permettere una valutazione contradittoria) che le precedenti attività tecniche in campo (field-service) non sono risultate soddisfacenti o hanno procurato successivamente altre problematiche
  • noleggio di strumentazione da campo senza richiedere la presenza del tecnico; o noleggio/affitto dei pezzi di ricambi più costosi (rifacendosi grossolanamente agli emergenti modelli di business della servitizzazione manifatturiera, che sono in realtà ben altra cosa) sino alla richiesta per la creazione di un magazzino ricambi conto deposito da parte del fornitore (senza che sia poi garantito da parte del cliente l’acquisto dei materiali al termine del contratto)
  • interventi di field service senza contabilizzazione a misura delle ore e oneri di viaggio, vitto, alloggio (sostituiti dal cliente con un ammontare a forfait)

Esistono anche convenzioni contrattuali (a “scalare” o a “gettone”) con le quali gli uffici acquisti (che sanno fare bene il loro mestiere) accrescono (sulla carta) semplici esigenze “spot” per interventi e ricambistica (solitamente in emergenza) trasformandole (per incentivare il fornitore di service industriale) in corposi ed articolati accordi quadro (anche dall’ammontare importante) di reperibilità, assistenza e manutenzione programmata, ma vincolati nell’effettiva esecuzione e fatturazione (specialmente per le manutenzioni preventive, predittive) dal rilascio di ordini supplementari specifici per l’intervento.

Il che si traduce poi per il fornitore nell’avere nell’anno un’ entrata ordini potenziale (da parte del singolo cliente) con un ragguardevole ammontare massimale specificato “idealmente” sulla carta, salvo poi arrivarne a fatturare solo una piccola parte, magari dopo aver anche affrontato difficoltà logistiche e operative inaspettate (senza tralasciare eventuali extra-costi non previsti, o peggio assumere ulteriori tecnici di field service da dedicare al contratto che non verranno poi impiegati al massimo della loro disponibilità temporale).

Quanto sopra sono solo banali esempi delle limitate e pertanto anti economiche richieste che potrebbero scaturire quando si contatta per la prima volta il proprio cliente per promuovere e vendere anche forniture e contratti stutturati per il service post-vendita industriale, come quelli sotto indicati:

contratti annuali per il supporto telefonico, e-mail, monitoraggio, diagnostica, e assistenza remota per la base installata

  • contratti annuali per interventi tecnici in campo (anche in complessi contesti project-based EPC, heavily regulated countries, marine, harsh/hazardous areas & hostile environments)
  • forniture di set completi di ricambi
  • fermate manutentive minor e major (durante turnaround, shutdown ed outage)
  • manutenzioni preventive/predittive con l’ausilio di strumentazione da campo
  • installazioni, cablaggi, avviamenti e messe in servizio (commissioning, startup, handover) anche in contesti (appalti/subappalti) EPC
  • test e collaudi (system, string e performance test)
  • manutenzioni, riparazioni, revisioni e ricondizionamenti
  • accordi quadro e contratti di service a lungo termine (reperibilità telefonica, pronti a partire, LTSA)
  • progetti di ammodernamento (upgrade, retrofit, revamping, replacement, expansion) lato componenti, dispositivi, sistemi, architetture per aumentare il ciclo di vita della base installata
  • progetti di ammodernamento Industria 4.0/Manutenzione 4.0 (upgrade, retrofit, revamping, IT/OT integration, OT/SCADA/IACS/ICS cybersecurity) software-intensive necessari per attivare nuovi servizi industriali digitali (rivolti alla manutenzione predittiva) di monitoraggio, diagnostica, e assistenza remota per la base installata
  • consulenze per l’ingegneria di manutenzione, affidabilità, continuità di servizio
  • servizi di root cause analysis (RCA) ed ingegneria forense
  • formazione ed addestramento
  • noleggio e taratura di strumentazione da campo
  • studi, ricerche e comparazioni di componentistica equivalente per la gestione di obsolescenze

Chi opera nel comparto dei beni strumentali industriali deve sempre aver ben chiaro che l’obiettivo commerciale “fair-equilibrato” di chi vende contratti di service post-vendita industriale non è creare eccessive-opportunistiche rendite all’azienda per la quale lavora (che è la base della spesso discutibile “subscription-economy” di molte aziende del digitale, media, telco), ma di aiutare realmente-concretamente (fidelizzando) il cliente (rendendosi disponibili-presenti solo quando veramente serve) senza cercare di sostituirsi completamente al loro personale manutentivo interno, avendo però ben chiaro, d’altro canto, che la propria organizzazione di service ha anche dei costi importanti (mensilmente) da coprire.

Costi che crescono in base al numero di tecnici di field service a disposizione (in particolare se questi non sono sempre impegnati in campo e rimangono su centro di costo in attesa di commesse) o perchè si è voluto dotare il proprio magazzino di un numero elevato di ricambi a pronto per far fronte alle emergenze, ma che rimangono poi invenduti a fine anno.

Esempi dal campo:

**Il contratto Long Term Service Agreement (LTSA) svenduto**

Hai finalmente chiuso il contratto. Bene con quest’ultimo “deal” hai raggiunto gli obiettivi di quarter (il famoso colpaccio di fine mese).

Ma per farlo, hai accettato troppe richieste cliente:
Prezzo al minimo, reperibilità telefonica h24/365, tempi d’intervento (worldwide, bisognerà quindi correre per ottenere i VISA necessari) ridotti, sconto su tariffe prestazioni in campo contabilizzate si a misura (almeno quello), ma con maximum-cap spese insufficiente (tutti i costi annessi, vitto, alloggi, viaggi con budget risicato predefinito) ed obbligo di disponibilità ricambi mirati a pronto (ma senza obbligo d’acquisto da parte del cliente nel caso non si rendessero poi necessari).

Perché LTSA volevi/dovevi “portarlo a casa”.

Ora il contratto c’è, ma alla partenza non è economicamente ed operativamente sostenibile (bisognerà tirar fuori dal cappello magico varianti extra scopo contratto per generare margine almeno a copertura dei costi) e per il gestore delle operazioni:
– ogni intervento sarà potenzialmente in perdita.
– ogni extra fatturabile una battaglia.
– ogni riunione col cliente un lamento.

Hai svenduto il contratto di service post-vendita per essere più competitivo della concorrenza evitando un ulteriore sconto sul nuovo macchinario acquistato dal cliente.
Ma anche il service post-vendita è business, per fare profitti, ma soprattutto per coprire i costi dell’organizzazione che lo gestisce e lo fornisce (persone-materiali)

Il servizio per il cliente è dovuto, ma non è un bonus. È garanzia di continuità e tranquillità operativa.

Un LTSA sotto costo è un debito operativo a lungo termine, che paghi sempre, fino alla sua scadenza.

**Massimizzare i profitti lungo l’intero ciclo di vita dei beni strumentali industriali sta diventando un imperativo economico con il rischio derivante dai dazi doganali **

Oggi (nel 2024 il comparto nazionale automazione industriale ha perso il 27% del fatturato!!) con i rischi derivanti dal potenziale calo dell’export di nuovi prodotti (anche dovuto al rischio dazi doganali), massimizzare i profitti lungo l’intero ciclo di vita dei beni strumentali industriali già installati richiede un’integrazione più stretta tra i team di service e quelli di vendita.

Le aziende hanno capito che la fidelizzazione dei clienti nasce dalle durature-genuine relazioni di servizio tecnico, che a loro volta generano nuove opportunità di vendita di prodotti e servizi (anche se i margini service si stanno sensibilmente assottigliando causa crescente aumento delle ritenute alla fonte WHT per prestazioni in campo).

Questo approccio è diverso da quello di 20 anni fa, quando vendite e service erano gestiti separatamente per diversificarsi dai tradizionali modelli di business prodotto centrici.

Con l’aumento della maturità aziendale e il supporto delle tecnologie digitali, le imprese oggi riconoscono l’interdipendenza tra service e vendite e il loro impatto sulla redditività complessiva.
Tuttavia, una collaborazione efficace richiede ancora un cambiamento culturale.

Per liberare-accrescere il potere delle vendite attraverso il servizio clienti, è necessario cambiare prospettiva: non partire da ciò che il cliente vuole idealmente (caratteristiche del prodotto sempre più avanzate), ma da ciò di cui ha realmente bisogno per ottenere valore (risultati). Mentre la vendita tradizionale “spinge” una corposa e costosa soluzione predefinita, la vendita basata sul valore “crea” olisticamente una conveniente soluzione (spesso minimalista-efficace) costruita sulle reali, mirate, complesse esigenze del cliente (non basta più quindi vendere solo costosi ricambi!!).

Sebbene molte organizzazioni adottino metodologie di vendita avanzate (come le tradizionali vendite di soluzioni, etc.), spesso trascurano di fornire ai venditori (meglio se ex tecnici di service) gli strumenti culturali e pratiche esecutive necessari/e per implementarle con efficacia.

Il vero successo risiede nella capacità di instaurare conversazioni significative e durature con il cliente, comprendere a fondo i suoi bisogni e tradurli in offerte creatrici di valore.