Prestazioni Specialistiche da Addetto Esecutore-Operativo e/o da Coordinatore-Supervisore-Gestore Tecnico Service Trasfertista d’Automazione (diagnostica-programmazione PLC) & Informatico Industriale (OT-Embedded) per Collaudo (FAT), Installazione, Messa in Servizio (SAT), Assistenza Tecnica, Manutenzione & Service (Post-Vendita/Field Service) in generale – Specializzato in Automazione Industriale Discreta (di Fabbrica-Impianto), Beni Strumentali “Software-Intensive”, Industria 4.0

Per chi ritiene ancora utili i miei pregressi trascorsi lavorativi (interrotti nel marzo 2020 causa pandemia) nel service nazionale-estero per l’automazione industriale (base d’installato per EPC/turnkey projects), valuto nuovamente incarichi (con idoneo inquadramento contrattuale: permanente, temporaneo e necessaria formazione-riaddestramento per esecuzione-supervisione-coordinamento lavori, nomine preposto, qualifiche PES-PAV-PEI, etc.) specialistici-mirati locali (economia di prossimità) e/o in trasferta da elettromeccanico e meccatronico (con diagnostica da PLC/HMI/SCADA o dietro aggiornamento skills anche programmazione in campo) esecutore (in prima persona, lavoratore in solitario) e/o coordinatore-supervisore-gestore tecnico (anche site-commissioning-project manager), oltre che di sistemista informatico industriale (OT-Embedded) per attività esecutive dirette di:

– assistenza tecnica e manutenzione “sul territorio” presso officine, fabbriche, stabilimenti ed impianti industriali locali

– service (field/post-vendita) con trasferte nazionali-internazionali per supportare (anche e soprattutto “MPMI”) OEMs, rivenditori, systems integrators, studi-società d’ingegneria/EPC fornitrici di complessi beni strumentali industriali “software-intensive” (macchinari-linee automatiche di fabbrica, packages d’impianto, sistemi d’automazione discreta e in minor misura di processo), applicazioni Industria 4.0

**oltre alle brevi-frequenti trasferte di durata settimanale, dietro pregressa-estensiva attività di collaudo interno/FAT, valuto anche incarichi complessi con prolungate (dell’ordine di un mese e mezzo) missioni (limitate, pianificate e mirate nell’arco dell’anno) nazionali ed estere nelle installazioni leggere (*vedi note sotto sulle mie competenze/HSE*), cablaggi (*vedi note sotto sulle mie competenze/HSE*), messe in servizio-avviamenti (progetti greenfield) ed ammodernamenti (progetti brownfield come upgrade, retrofit, revamping, expansions)**

Dietro richiesta specifica (ed idoneo inquadramento contrattuale), lavoro anche come permanent-temporary-fractional manager (ex senior middle-line management executive in gruppo multinazionale U.S./giapponese, una $18 Billion+ global company, quotata alla borsa di New York e Tokyo con 114.000 dipendenti worldwide) nella vendita, gestione esecutiva (project & service management) di contratti e progetti service (field/post-vendita) industriale con esperienza in HSE & travel/risk management per trasferte-cantieri esteri e nazionali (oltre che in dispute-contenziosi contrattuali, commerciali per claims, misure avanzamenti lavoro in contradditorio, fatturazioni, insoluti e negli inquadramenti lavorativi diretti, d’opera, sub-appalto del personale trasfertista).


Aperto (anche) ad interventi (a P.IVA) da consulente gestionale-tecnico ICT sistemista (integratore-amministratore) e d’assistenza informatica con competenze nell’elaborazione dei dati gestionali di progetti-servizi tecnici su commessa.


Specializzato in adozione software libero (Open Source), riuso-ricondizionamento ecosostenibile di hardware obsoleto nella realizzazione di sistemi ICT Linux (SOHO – Small Office/Home Office) per l’economia di prossimità al servizio di persone, enti, associazioni, micro-piccole imprese (forte focus nel service industriale “field/post-vendita” internazionale, oltre che negli emergenti e diffusi small-business a conduzione familiare legati al real estate & property management: compravendite, ristrutturazioni, affitti, manutenzioni di immobili).

I convenienti desktop e server (anche HCI) Linux (SOHO) da me realizzabili rafforzano la resilienza operativa digitale oltre a migliorare privacy e l’utilizzo più consapevole-sicuro-confidenziale dei PC.

Per maggiori info sulle mie competenze (anche per l’internazionalizzazione-digitalizzazione) commerciali, gestionali, tecniche professionali, contattatemi liberamente con sistema messaggistica (LinkedIn Messagging).

Disclaimer professionale lato skills elettromeccanici ed HSE: **a meno di non essere formato-addestrato specificamente, e nonostante abbia una discreta conoscenza della componentistica di macchina e assiemi meccanici lato funzionamento-regolazione meccanismi-cinematismi-attuatori-macchine elettriche non ho competenze-abilità-manualità dirette-specialistiche-HSE per eseguire, coordinare, supervisionare in maniera competente, professionale e sicura (anche lato preposto): disimballi, movimentazioni, posizionamenti, montaggi che necessitano di muletti, vericelli, argani, paranchi, sollevatori idraulici, carri ponte, gru oltre che per cablaggi in quota e intestazione-test cavi di potenza, riparazioni, aggiustaggi, saldature e lavorazioni meccaniche varie anche lato carpenterie quadristica elettrica (scassi, forature con frese-trapani, etc.)- lato sistemi oleodinamici e pneumatici, la mia conoscenza è limitata alla parte pilotata elettricamente**

Perchè promuovo e supporto l’adozione dell’informatica libera robusta (sistemi Linux & software Open Source) e delle Privacy Enhancing Technologies/Techniques (PET) sul territorio

Oggi in quasi tutti gli uffici, infrastrutture ed abitazioni private con la diffusione di software, PC & smartphones sempre più potenti, interoperabili ed innovativi (ma via via sempre più fragili e insicuri) abbiamo una capacità di elaborazione e comunicazione inimmaginabile sino a una decina di anni fa.

Strumenti che ci hanno purtroppo reso sempre più dipendenti dalle loro funzionalità, oltre che vulnerabili al furto degli estremi di accesso dei nostri conti correnti bancari e servizi commerciali-governativi, senza dimenticare i frequenti disservizi, la continua esfiltrazione dei nostri dati, informazioni personali-aziendali ed il continuo monitoraggio (anche condizionamento-sorveglianza), analisi delle nostre abitudini e conversazioni personali-professionali.

Chi ha un minimo di senso critico del dominio tecnologico (o semplicemente è stanco di essere “un libro virtuale aperto” ogni volta che accende il PC o usa lo smartphone) non può più accettare l’uso di tali rischiose e pervasive tecnologie digitali.

Per tale motivo in tutto il mondo (anche da entrambe le sponde del democratico blocco continentale, dove da anni è in corso un crescente controllo-sorveglianza delle comunicazioni digitali e media con conseguente degrado del free-speech, oltre al pericoloso aumento della polarizzazione di stampo ideologico), soprattutto le persone con elevati interessi personali (anche a livello di privacy-sicurezza-incolumità), professionali e finanziari (oltre a chi opera nel giornalismo investigativo, politica e difesa), ma anche semplici cittadini e tecnici (come lo scrivente) sensibili alle problematiche pubbliche-sociali-civiche, senza nessun legame con il mondo dell’attivismo politico ideologico, stanno progressivamente abbandonando le più diffuse (ed insicure) tecnologie commerciali “mainstream” per passare ad altro (senza trascurare quello che da tempo stanno già facendo soprattutto le nazioni considerate “adversary”, per aumentare la loro indipendenza, sovranità e sicurezza nazionale-militare).

Non è inoltre da sottovalutare (anche nell’area EU) il fatto che le nazioni più moderne, avanzate, ricche e democratiche, se mosse da legittimi-condivisibili-pressanti obiettivi di contrasto della violenza (vedi leggi anti hate-speech), criminalità e/o contingente esigenza di difesa militare, oltre talvolta ad opportunistica protezione della propria agenda politica-strategica, possano in futuro legiferare maldestramente-grossolanamente in materia digitale compiendo piccoli passi (come già talvolta accaduto) verso la sorveglianza di massa (vedi rischi proposta di legge EU sul Chat Control) e limitazione del libero pensiero, volontà popolare-democratica.

P.S. anche il mondo del luxury (in particolare sul territorio elvetico che da sempre vanta una grande attenzione e tradizione sulle tematiche di privacy-confidenzialità, anche se ancora per poco visto che grava la potenziale revisione della legge sulla sorveglianza VÜPF) ha recentemente individuato nella capacità di preservare la propria privacy nel dominio digitale un emergente e silenzioso “status-symbol” riconducibile alle persone benestanti, lo dimostra anche tutta una crescente linea di costosi-esclusivi-sostenibili-minimalisti prodotti tecnologici “privacy-preservingtra i quali spiccano anche i “feature-phones & dumb-phones” dall’elevato-raffinato design. Tecnologie che nulla hanno a vedere con il famoso brand di Cupertino, che anche se funzionalmente migliore di Windows/Android non garantisce comunque i necessari standard di sicurezza e confidenzialità di soluzioni PETs (Privacy Enhancing Technologies/Techniques) native (sviluppate “eticamente” con il paradigma privacy-by-design) basate sempre più su sistemi Linux e software libero (Open Source).

** In un mondo in cui l’ambiente digitale domina (spesso monitorando-sorvegliando-manipolando) sempre più le nostre vite, hai sempre più bisogno di conoscere tecnologie e apprendere tecniche per proteggerti dai rischi e dalle minacce digitali

Come ridurre i rischi per il personale viaggiante anche derivanti dall’uso delle tecnologie digitali in contesti esteri complessi (heavily regulated countries, adversary/hostile environments)

**Articolo indirizzato a personale viaggiante commerciale, gestionale e nomadi digitali (difficilmente-parzialmente applicabile ai tecnici trasfertisti che adottano tools complessi-evoluti-avanzati su piattaforma Windows**

In tempi più recenti è aumentato nuovamente il rischio nei viaggi e permanenze in nazioni estere a causa del repentino aumento dei conflitti regionali e del degrado nelle relazioni internazionali tra molti paesi una volta ritenuti sicuri. Per tale motivo oltre a sviluppare una maggior cultura geopolitica (e qui le tecniche e strumenti OSINT possono essere d’aiuto) consiglio sempre alle organizzazioni (che si avvalgono di personale viaggiante, come nel caso del service industriale “field/post-vendita”) di impegnarsi nell’approfondimento della nuova ISO 31030 (travel risk management) oltre che della più generale ISO 31000 (in combinazione con la OSHAS 18001 ed ISO 45001) anche e soprattutto per i lavoratori trasfertisti in solitario.

Inoltre è sempre meno da sottovalutare in contesti complessi (con elevato grado di controllo, sorveglianza del personale straniero, trattamento in passato riservato al solo personale politico-diplomatico, VIP, ONG e del giornalismo investigativo, ma oggi applicato ad un numero molto più elevato di tipologie di viaggiatori business, accademici e turistici) l’uso degli strumenti digitali PC e smartphone (anche personali) da parte di personale viaggiante. Tecnologie digitali che se usate in maniera non consapevole (anche della sola legislazione nazionale dove si risiede temporaneamente per lavoro) possono mettere a rischio la privacy e la conseguente sicurezza (non solo informatica, ma anche personale) dei tecnici, gestori, commerciali in trasferta (per non parlare del rischio esfiltrazione delle informazioni di natura personale, tecnica, commerciale, contrattuale contenute nei dispositivi digitali).

Anche per tale motivo mi sto specializzando in informatica libera (Open Source) e tecnologie digitali aperte, robuste, sostenibili soprattutto per proteggersi dai ransomware, salvaguardare maggiormente la propria privacy e migliorare l’anonimato in rete oltre che dalla pervasività, dipendenza, disinformazione, condizionamento, manipolazione, ingerenza (e relativi rischi psicologici, sociali, sicurezza, frodi) derivante dall’uso delle piattaforme-servizi internet (sia da PC che da telefonia mobile).

Una delle soluzioni più semplici (minimaliste) ed economiche è basata principalmente sul riuso dei vostri PC obsoleti (e se possibile ricondizionamento attraverso l’installazione di SSD, in grado di velocizzare il computer) e formattazione con il sistema operativo Linux (in particolare distribuzione Debian 12 Bookworm e l’installazione di solo software libero Open Source)”. Chiaramente tale soluzione non è attuabile per i laptop utilizzati dal personale trasfertista tecnico (che utilizza avanzati software su Windows).

Con questa tipologia di computer Linux customizzato (che utilizzo come PC sicuro dal 1998 come “sand-box” per le e-mail e per proteggermi dai primi malware) “almeno Intel Core 5 a 64 bit con 4 GB di RAM” (più sicuro e maggiormente preservatore di privacy-anonimato) posso poi formare e addestrare all’utilizzo consapevole del web per favorire una maggior sicurezza informatica, affrontando tematiche cruciali legate alla navigazione online come la violazione della propria privacy, la profilazione, il monitoraggio, condizionamento ed eventualmente la sorveglianza.

A titolo di esempio ricordo (per chi non è un addetto ai lavori di missioni/trasferte internazionali in aree extra EU) alcuni semplici e banali istruzioni:

I laptop, i tablet, i lettori di e-book, gli smartphone e persino i telefoni cellulari standard (dumb-phones/feature-phones) portati all’estero possono essere soggetti con successo a attacchi e compromissioni attraverso malware, strumenti di attacco automatizzati ed IMSI catcher (molti aeroporti sono dotati di tali tecnologie proprio per intercettare le prime telefonate del personale viaggiante non appena scende dall’aereo e chiama casa, il proprio ufficio e/o contatto locale). Ricordate inoltre che il software di sicurezza proprietario, anche quando completamente aggiornato, potrebbe non essere in grado di prevenire tali compromissioni [i telefonini che cifrano le conversazioni vocali telefoniche sono cose da film e comunque vietati ogni dove, anche se ricordo negli anni 90 in determinati aeroporti europei (nelle aree commerciali delle partenze) la vendita di prime tali tecnologie].

I dispositivi elettronici sono altresì suscettibili di manomissione fisica o furto, specialmente se lasciati incustoditi (ad esempio, quarantene hardware per adempiere ai processi interni di industrial cyber security prima di accedere all’impianto/stabilimento – controlli supplementari negli aereoporti – accesso non autorizzato dei dispositivi lasciati in una stanza d’albergo o in una cassaforte, io stesso ricordo già agli inizi anni 90 tali controlli e perquisizioni sia in aeroporto, hotels che si estendevano dagli indumenti in valigia al resto della mia attrezzatura informatica e di misura elettronica). D’altro canto, portare continuamente con sé laptop o altri dispositivi elettronici potrebbe aumentare il rischio di smarrimento o dimenticanza accidentale, o di furto da parte di un ladro o borseggiatore. Si consiglia comunque di tenere i dispositivi digitali con sé il più possibile (oltre al passaporto ed una copia digitale-cartacea dello stesso oltre che del VISA).

I dispositivi trasportati attraverso i confini internazionali possono essere soggetti a una revisione governativa ufficiale e persino a una duplicazione completa (ad esempio, in alcuni paesi, gli ufficiali doganali (o molto più frequentemente i responsabili IT della sicurezza di un’infrastruttura critica) potrebbero temporaneamente mettere in quarantena il dispositivo e conservare potenzialmente una copia dell’intero sistema all’ingresso o all’uscita).

L’uso della crittografia potrebbe essere vietato in alcuni paesi. Ad esempio, mentre certi contesti lavorativi continentali-occidentali per tutelare i propri dati richiedono esplicitamente prassi di crittografia dell’intero disco per proteggere le informazioni personali, professionali su laptop, alcuni paesi non consentono invece l’importazione/esportazione di dispositivi criptati. Anche se alcuni prodotti di crittografia dell’intero disco, consentono di tentare di nascondere limitate partizioni di disco criptate, tali tentativi possono comunque essere rilevati, e mentire in risposta alle domande degli ufficiali di frontiera sulla presenza di partizioni di disco criptate potrebbe costituire un potenziale reato grave.

L’accesso a determinati siti web (evitare rigorosamente tutto ciò che è potenzialmente compromettente…non vado oltre), compresi alcuni popolari siti web di social media occidentali, potrebbe essere tecnicamente bloccato. I siti web sicuri (“https”) e l’uso di reti private virtuali istituzionali (“VPN”) potrebbero essere bloccati in alcuni paesi, poiché risulta più difficile alle autorità nazionali monitorare quel traffico crittografato (senza andare lontano provate su alcuni carrier-network digitali nazionali Svizzeri a lanciare un accesso remoto via SSH, e potrebbero bloccarvi la navigazione se non addirittura il contratto-servizio se insistete). Tentativi di eludere la censura nazionale (ad esempio, con proxy, Tor o tecnologie simili) potrebbero essere bloccati e/o puniti se rilevati. Non installare mai software-app locali! (e se proprio dovete usate un nuovo telefono dedicato e rirpristinatelo da zero una volta ritornati a casa…consiglio se proprio dovete portarvi addietro il numero di telefono personale usate un dumb-phone/feature-phone solo con contatti ICE nella rubrica).

I contenuti digitali personali come foto, riviste digitali, libri sono da limitare (anche in nazioni moderne, democratiche ed avanzate potrebbero essere rilevate delle banali violazioni ad esempio del diritto d’autore) in quanto considerati irrispettosi-oltraggiosi della cultura locale (non lasciate inoltre attivo l’accesso a portali, piattaforme, cloud o comunque rapidamente accessibili con password memorizzata in maniera automatica sul browser).

P.S. anche fare gli attivisti sui social nei confronti di tematiche sensibili per una determinata nazione e poi doversi trovare nella condizione di soggiornarci per lavoro (sempre che vi rilascino il VISA, dal momento che il vostro profilo potrebbe essere stato profilato a priori) non è consigliabile (usate sempre i social con attenzione a maggior ragione se la vostra professione richiede di viaggiare in tutto il mondo).

Una maggior cultura, consapevolezza ed attenzione sui potenziali rischi di viaggio e permanenza del personale tecnico trasfertista in nazioni extra-EU

Nei miei precedenti incarichi lavorativi l’argomento della sicurezza del personale tecnico viaggiante mi ha sempre coinvolto quotidianamente in prima persona, dapprima direttamente come trasfertista e successivamente come coordinatore e gestore di attività di site/field service (cantieri, fabbriche, impianti, navi, piattaforme offshore). In più di 25 anni nel comparto ho avuto modo di accumulare tutta una serie di esperienze professionali che mi hanno fatto comprendere quanto le operazioni di preparazione e gestione trasferta necessitino di un continuo miglioramento ed adeguamento globale ai mutevoli contesti internazionali presso i quali si andrà ad operare con il proprio personale. Sono pertanto un forte sostenitore che tali operazioni non debbano essere coordinate, gestite, amministrate, dirette da solo personale Junior o non sufficientemente esperto della materia/mestiere come a volte si legge sulle inserzioni di lavoro più recenti.

Il tema delle attività in trasferta internazionale (in particolare extra EU in nazioni emergenti, contesti disagiati) è da sempre poco noto soprattutto ai non addetti ai lavori (anche la stessa AIRE non dispone di vere e proprie percentuali per rappresentare l’elevato numero di migliaia di “expats” costituito dai trasfertisti “resident/long-stays” del comparto macchinari, fabbriche manifatturiere, impianti industriali, navale, edile, etc.) e ci si accorge dell’esistenza dei nostri numerosi connazionali lavoratori all’estero ahimè solo in presenza di sinistri (operai, tecnici, periti, ingegneri professionisti non solo in grado di montare e mettere in servizio macchinari complessi, ma il più delle volte anche capaci di dirigere “on-site” la costruzione ed avviamento “da zero” di grandi fabbriche ed impianti completi in aree fortemente isolate, disagiate e/o pericolose).

Probabilmente le cause di questa scarsa conoscenza del “mestiere” di tecnico trasfertista oltre che delle relative problematiche, criticità e rischi professionali sono da imputare in parte ad una scarsa cultura aziendale (quasi sempre solo prodotto-centrica oltre che orientata a valorizzare maggiormente le risorse d’ufficio/fabbrica con percorsi di carriera più strutturati/articolati a discapito di quelle impiegate in campo nelle trasferte) sulle operazioni in campo, ma soprattutto ad una legislazione (legge 81) che è sufficientemente chiara e completa nell’ambito degli adempimenti di sicurezza per la propria sede produttiva (al solito, lavoro in fabbrica/ufficio) o nelle attività cantieristiche da titolo IV (es. operazioni lavorative operate da un elevato numero di squadre altamente organizzate e coordinate direttamente in sito sul territorio nazionale), ma che a mio avviso è incompleta (lato comprensione e casistiche contemplate) nelle parti relative a “singoli lavoratori viaggianti” che eseguono attività specialistiche direttamente (in maniera spot o continuativa) presso i clienti industriali in ambito nazionale ed estero (anche se con i recenti interpelli sull’obbligo del preposto per i lavoratori in solitario, la normativa inizia a comprendere meglio le operazioni in trasferta).

Da quando esiste il testo unico, uno degli adempimenti immediati da affrontare lato sicurezza è individuare chi sia per ogni trasferta lavorativa tecnica il dirigente, preposto e lavoratore (su tali nomine e sulla confusione normativa per chi effettivamente ricopre “di fatto” di volta in volta tale ruolo a guida/tutela/sorveglianza dei singoli trasfertisti in missione ci vorrebbe un articolo dedicato, anche se con gli interpelli sopra citati si rafforza invece la necessità di avere uno o più preposti itineranti dedicati a vigilare con ispezioni random in tutti i siti lavorativi).

Incarichi che vanno sempre, subito ed ininterrottamente supportati dai team HR e HSE (oltre che dal resto degli enti aziendali che potrebbero venir coinvolti nelle operazioni di field-service) per facilitare e condividere le ulteriori importanti responsabilità assunte da chi riveste di volta in volta questi ruoli (chi opera nel settore saprà già per certo che quanto sopra descritto è solo il punto di partenza per dar via a tutte le fasi di analisi, preparazione ed esecuzione per individuare/evitare/mitigare i rischi tipici/probabili dell’attività specialistica che si andrà a svolgere all’estero in campo).

Ma c’è poi un altro tema lato legge 81 (chi si occupa di organizzazione, gestione trasferte dovrebbe anche studiarsi tutta una serie di sentenze della cassazione, in modo da ricordarsi di non prendere mai sotto gamba il proprio benestare “frettoloso” allo spostamento-viaggio di un tecnico, anche se dettato da forti pressione del cliente o della propria direzione) che la pandemia ha fatto emergere ed è quello della “trasferta in sicurezza” intesa anche come “viaggio, logistica e permanenza in sicurezza all’estero” che ha messo in evidenza i limiti organizzativi di molte aziende (soprattutto quelle più piccole) che già operavano da tempo in ambito internazionale essenzialmente grazie alla grande esperienza professionale del proprio personale trasfertista senior in grado di muoversi e organizzarsi agevolmente oltre confine con un buon livello di autonomia e conoscenza/attenzione dei rischi professionali specifici della missione.

Infatti chi come lo scrivente ha iniziato da ragazzo negli inizi anni 90 ad andare in trasferta (anche in aree a rischio, isolate, disagiate o con forti/rigide regole sugli usi/costumi locali e restrizioni agli spostamenti) ha imparato da solo autonomamente (a volte seguendo le indicazioni/istruzioni dei colleghi senior o apprendendo dai propri errori e situazioni impreviste) a viaggiare e lavorare in “sicurezza” con un supporto non sempre continuativo dalla casa madre (non esistevano e-mail e telefonini, a volte la linea fissa internazionale era solo alle poste ed i voli per determinate città erano solo settimanali) e soprattutto evitare disagi e rischi in nazioni socialmente, culturalmente ed economicamente molto diverse dall’Europa. 

Dal 2000 in poi l’estremismo religioso, i conflitti/crisi regionali, il terrorismo, i rapimenti e l’aumento della micro criminalità (derivante da situazioni di crescente povertà/disuguaglianza sociale) hanno reso più pericoloso e complicato spostarsi “da soli” per lavoro (senza la necessaria preparazione e supporto in loco) in certe aree del pianeta e solo le grandi aziende più strutturate come gli EPC contractor che operavano già da tempo all’estero in aree a rischio hanno ulteriormente potenziato e strutturato la loro organizzazione per rendere ancora più sicure le trasferte del proprio personale e dei propri fornitori subappaltatori.

Questa evoluzione non è purtroppo avvenuta di pari grado in molte PMI che solo in parte hanno saputo strutturarsi per gestire al meglio le operazioni del proprio personale viaggiante (perlopiù affidandandosi all’organizzazione messa in piedi dai clienti ed agenti locali).

La scossa finale è stata data dal covid-19 che ha obbligato giocoforza anche queste imprese a strutturarsi per farsi carico integralmente dell’organizzazione delle proprie trasferte con un livello di preparazione, attenzione, dettaglio e cura precedentemente impensabili (chi se la sarebbe sentita, legge permettendo… di inviare senza la necessaria completa e precisa organizzazione logistica i propri colleghi in contesti con situazioni sanitarie e tensioni sociali altamente a rischio).

Oggi è sempre più in aumento il numero di PMI che hanno ripreso ad inviare i propri tecnici in trasferta (non in tutte le nazioni ovviamente a causa di diffuse crisi politiche-militari) un risultato (impensabile durante i lockdown) che si è ottenuto potenziando la propria struttura interna, affidandosi anche anche a società specializzate in travel security management che già operavano in contesti esteri complessi (heavily regulated countries, harsh/hazardous areas, hostile environments) oltre a consulenti esterni (ex-trasfertisti) esperti nella gestione organizzativa ed esecutiva delle attività di field-service internazionale.

Purtroppo in tempi più recenti è aumentato nuovamente il rischio nei viaggi e permanenze in nazioni estere a causa del repentino aumento dei conflitti regionali e del degrado nelle relazioni internazionali tra molti paesi una volta ritenuti sicuri. Per tale motivo oltre a sviluppare una maggior cultura geopolitica (e qui le tecniche e strumenti OSINT possono essere d’aiuto) consiglio sempre alle organizzazioni di impegnarsi nell’approfondimento della nuova ISO 31030 (travel risk management) oltre che della più generale ISO 31000 (in combinazione con la OSHAS 18001 ed ISO 45001) anche e soprattutto per i lavoratori trasfertisti in solitario

Inoltre è sempre meno da sottovalutare in contesti complessi (con elevato grado di controllo, sorveglianza del personale straniero) l’uso degli strumenti digitali PC e smartphone (anche personali) da parte dei tecnici trasfertisti. Tecnologie digitali che se usate in maniera non consapevole (anche della sola legislazione nazionale dove si risiede per lavoro) possono creare problemi durante le trasferte (esempio usare VPN, messaggistica crittografata o cifrature dei dati sugli hard-disk è diventato illegale in diverse nazioni).

Sistemi Linux e Software Libero per digitalizzare ed internazionalizzare le micro imprese locali: criticita’ e vantaggi percepiti dall’imprenditore

** l’attuale congiuntura economica (come certificato dall’ISTAT che conclama proprio in questi giorni la “stagnazione” del PIL italiano) richiede che anche le micro imprese volgano il loro sguardo al mercato estero direttamente, senza passare per le antiprofittevoli catene di appalto nazionali, che erodono a dismisura i margini di chi opera nella parte bassa delle reti di forniture) **

Da quando ho ripreso a promuovere sul territorio (principalmente presso artigiani, ditte individuali, micro imprese del comparto beni strumentali e manifatturiero) l’adozione di sistemi Linux, software open-source (anche con interfaccia utente in lingua inglese per facilitare l’internazionalizzazione dei micro uffici-reparti) per rafforzare le capacità di condivisione ed analisi dati all’interno delle piccole organizzazioni addette allo sviluppo commerciale, gestione progetti-servizi su commessa in campo-cantiere (field service) e service post-vendita industriale internazionale, ho dovuto rapidamente imparare a far fronte a tutta una serie di reazioni all’eventuale utilizzo da parte della maggioranza dei titolari d’azienda contattati.

Curiosità ed interesse iniziale, perchè l’imprenditore (ricordiamoci sempre che l’innovazione digitale è l’ultima delle preoccupazioni di chi manda avanti con grandi difficoltà una ditta individuale o micro impresa familiare in questo complesso periodo) intuisce di poter finalmente riammodernare e soprattutto internazionalizzare una parte della propria infrastruttura informatica con una spesa limitata, grazie all’assenza dei costi per le licenze software (riutilizzando ecosostenibilmente e convenientemente, laddove possibile, parte del proprio vecchio hardware ora obsoleto, in disuso).

Perplessità quando viene affrontato il tema del supporto tecnico che in molti casi viene demandato ad una non ben identificata comunità di utilizzatori e rete di micro aziende e professionisti informatici senza che vi sia una formale relazione commerciale con chi ha scritto il software libero (Open Source) originale.

Per non parlare poi dell’entropia normativa introdotta dai recenti regolamenti comunitari (redatti per multinazionali, ma applicate anche alle semplici partite IVA) in ambito digitalizzazione (anche lato software libero) delle nazioni membre EU.

Dubbi sulla qualità ed affidabilità di queste tecnologie, non appena si comprende che la licenza libera e gratuita sottindende anchenessuna garanzia sulla funzionalità del software stesso e nessun tipo di obbligo/impegno nei confronti dell’utilizzatore” (anche da parte dello specialista assunto a contratto che supporta/addestra “per il periodo necessario” il cliente nell’adozione delle stesse).

Reazioni iniziali che aprono poi lo strada ad una serie di obiezioni ancora più sostanziali e per le quali è necessario molto lavoro per arrivare a gestirle. Anche se il più delle volte mi è sufficiente far presente che dal 2003 con l’adozione di software libero ho fatto risparmiare per altre attività di famiglia (e non solo..), decine e decine di migliaia di euro, che altrimenti avrei fatto spendere per soluzioni proprietarie (oltre ad aumentare la loro capacità di lavorare agevolmente per/all’estero per grandi OEMs, EPC end-user nazionali, internazionali).

Ciononostante, molti degli imprenditori con i quali ho avuto modo di rapportarmi ritengono in prima battuta (e concordo con loro) che il proprio personale non avrebbe ne il tempo, ne la motivazione e in alcuni casi la capacità di imparare (oltre alle barriere linguistiche) ad usare nuovi strumenti digitali (in particolare se l’interfaccia di lavoro è in inglese e si discosta molto dalle tradizionali tecnologie commerciali mainstream).

Ma principalmente obbiettano del fatto che questi software nella loro modalità libera vengano rilasciati nativamente: liberamente scaricabili da internet (da chiunque) e pronti all’uso, senza nessun tipo di supporto ufficiale/formale (al di fuori di chat, sistemi documentali wiki e forum web), garanzia, certificazione e responsabilità sulla loro corretta funzionalità.

Il che potrebbe portare nel caso di un’ imprevista errata gestione o perdita dei dati ad un rallentamento o blocco delle attività lavorative dell’azienda, senza poi sapere chiaramente a chi rivolgersi per risolvere il problema (ricordiamoci però che il tema del “a chi mi rivolgo se il sistema smette di funzionare ?” è da sempre ricorrente nel mondo dell’informatica proprietaria e commerciale, ma con le licenze libere e gratuite il fenomeno si è in effetti accentuato).

Recentemente però, grazie ad un cambio delle clausole nelle licenze è diventato anche possibile, pur rimanendo nell’ambito dei software liberi, optare per un mix tra licenze gratuite e commerciali, con funzioni a pagamento più avanzate, supporto remoto incluso e fruizione tramite servizi cloud (SaaS) con sottoscrizione a pagamento. Ma con questa modalità (che tutela e supporta maggiormente l’utilizzatore) si ricade comunque negli stessi problemi per l’adozione di software proprietario, ovvero che non ci sarebbero i budget sufficienti a disposizione (in particolare con la congiuntura economica attualmente in corso) per l’investimento da parte di artigiani, ditte individuali, micro-piccole imprese (oltre al timore “fondato” di perdere il controllo dei propri dati commerciali non appena li riversiamo sui server esterni di un ente terzo).

Fermo restando che l’uso di sistemi Linux e software liberorimane sempre una scelta ed una responsabilità solo dell’imprenditore che li adotta“, deve essere chiaro che per il professionista assunto/dedicato a supportare l’adozione di queste tecnologie, non è comunque possibile supplire a carenze tecniche di prodotto o garantire e certificare funzionalità per software sviluppati da terzi (e soprattutto farsi carico della responsabilità di migrazioni, personalizzazioni, oltre che del buon esito del trattamento, backup e ripristino dei dati). Non ha nemmeno senso compararli come funzionalità ai più blasonati prodotti commerciali (soprattutto i software liberi di produttività e relativi gestionali sono lato funzionalità ancora molto indietro rispetto alle tecnologie proprietarie).

Cionostante (in particolar modo fuori dall’Italia dove l’inglese è parlato diffusamente) il numero di adozioni di sistemi Linux e software libero nelle micro e piccole imprese sta diventando comunque di giorno in giorno sempre più elevato e frequente (anche perchè indubbiamente più economico oltre che incentivato/sponsorizzato come tecnologia strategica dai principali stati europei), in particolare laddove:

a) è già presente in azienda un gestionale ERP accessibile via web/cloud

b) è possibile riutilizzare buona parte dei vecchi computer aziendali ora in disuso (almeno Intel Core 2 Duo a 64 bit con 4 GB di RAM da potenziare/velocizzare eventualmente con hard-disk a stato solido)

c) l’utilizzo di software con interfaccia grafica (GUI) diversa da Windows (e con interfaccia spesso in sola lingua inglese) non rappresenta un problema e sono sufficienti strumenti informatici minimali ed essenziali (privi di features superflue) senza il ricorso a costose e continue personalizzazioni

d) l’impresa continua a subire gravi interruzioni della propria attività per le perdite/furto di dati derivanti dai virus che criptano gli hard disk nei computer (cryptolocker e ransomware)

e) si hanno risorse finanziarie limitate per acquistare tecnologie e soluzioni informatiche proprietarie e commerciali

f) non è possibile per le limitazioni di budget (e/o perchè si vuole mantenere il controllo dei propri dati all’interno della propria sede lavorativa) utilizzare le più recenti tecnologie e soluzioni informatiche (il più delle volte basate sempre su software libero rilasciato però in modalità commerciale “Freemium”), erogate su piattaforme a pagamento cloud (Saas) e fatturate secondo il modello della sottoscrizione per numero di mesi, utenti e quantità di dati generati/archiviabili. (P.S. personalmente non ho ancora provato a sottoscrivere contratti con piattaforme cloud commerciali a consumo in quanto non mi è possibile capire a priori “con certezza” soprattutto con l’attuale caro prezzi quanto si andrà a spendere lato traffico-capienza dati, transazioni eseguibili, servizi attivati, etc. Inoltre molti grandi providers chiedono anche per testare la versione valutazione/prova del servizio di inserire preventivamente la carta di credito)

g) si hanno già le risorse tecniche interne (è il tipico caso delle startup) per supportare integralmente ed autonomamente queste tecnologie

h) l’imprenditore ha compreso che tali tecnologie libere potrebbero diventare già nel breve termine strategiche, aiutandolo a differenziarsi dai suoi concorrenti ammodernando, digitalizzando, internazionalizzando e sviluppando “con costi ridotti” l’organizzazione della propria azienda con gli stessi strumenti informatici (anche se minimali, essenziali) già in uso presso realtà più strutturate. Arrivando così a potersi presentare ai clienti potendo dimostrare non solo prezzi convenienti, capacità, competenze e qualità del proprio servizio/prodotto (come già fanno tutti), ma anche e soprattutto l’elevato livello di digitalizzazione introdotto per gestire parte dei propri processi aziendali in maniera moderna, collaborativa, organizzata, analitica e se necessario anche da remoto

Affinchè questi progetti di trasferimento tecnologico si tramutino sistematicamente in un successo, è di fondamentale importanza fare in modo che il processo di introduzione ed adozione per queste nuove tecnologie, “sia fortemente voluto dalla proprietà e accettato dal personale” e che avvenga in maniera graduale, sempre con un approccio sperimentale e prudenziale, solo per un numero limitato di collaboratori ed attività aziendali, limitando chiaramente al minimo anche il numero degli interventi del professionista a contratto per formazione e supporto (l’unico costo inizialmente in gioco, laddove non ci sia anche da acquistare o ricondizionare computer usati). Per esperienze pregresse sappiamo che se iniziano a levarsi malumori in azienda da parte degli utilizzatori con frasi del tipo. “non parlo inglese, sono qui per lavorare e non fare data entry o analisi lavorative/numeriche” è meglio lasciar perdere qualsiasi iniziativa di digitalizzazione ed internazionalizzazione che può essere solo ulteriormente deleteria per il proprio business (il mondo del digitale e del business estero non è purtroppo per tutti, come invece si cerca forzosamente di propinare da anni, e bisogna saperne prendere atto).

L’impresa avrà così modo gradualmente di valutare la qualità, affidabilità e utilità di questi moderni strumenti per la produttività, condivisione ed analisi dati aziendale, imparando nel contempo a gestire autonomamente le operazioni di backup e ripristino dei dati.

Solo dopo aver preso confidenza con le nuove tecnologie introdotte si potrà valutare con la proprietà un allargamento dell’adozione anche ad altri collaboratori e in caso di un utilizzo strategico ed intensivo, iniziare a richiedere preventivi per un supporto tecnico più avanzato e personalizzato coinvolgendo società di servizi IT più strutturate (diverse grandi aziende dell’informatica commerciale-proprietaria “per non farsi tagliare fuori dal mercato” hanno recentemente aperto divisioni interne per supportare i sistemi Linux presso multinazionali, istituti di credito, enti pubblici e governativi, anche se ad oggi le loro tariffe sono il più delle volte al di fuori della portata delle micro imprese con budget limitati) oltre eventualmente agli sviluppatori originali dei software liberi che offrono personalizzazioni e infrastrutture su cloud SaaS a pagamento.

I costi di gestione sicuramente lieviteranno rispetto al periodo iniziale (anche se resteranno ampiamente inferiori rispetto a quelli che sarebbero stati sostenuti per tecnologie proprietarie o commerciali), ma almeno l’imprenditore avrà già avuto modo di riscontrare un miglioramento organizzativo e di promuoverlo strategicamente anche presso nuovi clienti più grandi, sensibili all’elevato livello di organizzazione, intenazionalizzazione e digitalizzazione dei propri fornitori (da ex gestore di numerosi ed importanti subappalti nazionali/internazionali di field service industriale ricordo quanto fosse difficile per i micro/piccoli subappaltatori coinvolti nei lavori, farsi carico “come da contratto d’opera/subappalto/subfornitura” anche degli adempimenti gestionali in lingua inglese “contract, project & service, HSE management” del loro scopo di fornitura).


** ** I miei interventi sono concepiti per aiutare
a digitalizzare (con un paradigma ecosostenibile basato sull’ingegnosità-innovazione frugale avanzata e riuso-ricondizionamento dei propri computers Windows obsoleti, da convertire in moderne workstations/server Linux) il territorio e/o aree rurali-disagiate (anche estere) in contesti SOHO (Small Office/Home Office) privi dei necessari budget d’acquisto di tecnologie informatiche proprietarie/commerciali per rafforzare resilienza operativa digitale, privacy, confidenzialità, concentrazione durante l’uso dei PC e/o da adottare anche in caso di eventi complessi ed emergenziali (blocco globale catene di fornitura, blackout, calamità), ma soprattutto durante i sempre più diffusi attacchi informatici, disfunzionalità ed indisponibilità dei tradizionali sistemi ICT e servizi in cloud (anche causa cambi delle politiche-licenze commerciali e/o non rispetto del GDPR). **

“Sistemi Linux vs Ransomware”​ soluzioni a basso costo di Cyber Resilience & Digital Operations Survival Platforms per avere a disposizione (nelle piccole organizzazioni di gestione service industriale) dei computer d’emergenza durante gli attacchi informatici (oltre che durante le disfunzioni delle principali piattforme digitali commerciali sia cloud che on-premises)

** Sempre aperto ad incarichi-interventi per digitalizzare (con un paradigma ecosostenibile basato sull’ingegnosità-innovazione frugale avanzata e riuso-ricondizionamento dei propri computers Windows obsoleti, da convertire in moderne workstations/server Linux) il territorio e/o aree rurali-disagiate (anche estere) in contesti SOHO (Small Office/Home Office) privi dei necessari budget d’acquisto di tecnologie informatiche proprietarie/commerciali per rafforzare resilienza operativa digitale, privacy, confidenzialità durante l’uso dei PC e/o da adottare anche in caso di eventi complessi ed emergenziali (blocco globale catene di fornitura, blackout, calamità), ma soprattutto durante i sempre più diffusi attacchi informatici, disfunzionalità ed indisponibilità dei tradizionali sistemi ICT e servizi in cloud (anche causa cambi delle politiche-licenze commerciali e/o non rispetto del GDPR). **

Non passa giorno senza essere messi a conoscenza dell’ennesima azienda locale vittima di attacchi informatici ransomware creati per autopropagarsi in rete, criptare gli hard-disk e rendere di fatto inutilizzabile tutta l’infrastruttura digitale colpita (almeno sino al pagamento di un cospicuo riscatto in criptovaluta). Solo recentemente un importante e strategica infrastruttura cloud della pubblica amministrazione nazionale è finita fuori servizio per settimane creando innumerevoli problemi a cittadini, imprese (fatturazione elettronica) ed enti statali. Per non parlare di quello che accaduto a livello globale con il crash informatico mondiale del 19 luglio 2024, a causa di un banale e “benevolo” errore d’aggiornamento software di un importante azienda IT.

E’ facile pensare che il fenomeno sia relegato solo ad artigiani, ditte individuali, studi professionali, micro-piccole imprese (tradizionalmente in difficoltà ad investire nell’informatica per la cronica mancanza di sufficienti risorse finanziarie) e quando si scopre che anche le medie e grandi aziende (che invece investono maggiormente nel digitale) ma soprattutto le infrastrutture critiche, enti governativi, difesa (oltre alle aziende stesse di sicurezza informatica) sono a loro volta vittime di tali attacchi, si comprende il perchè molte nazioni (in Europa principalmente Francia, Germania, paesi scandinavi, baltici e recentemente anche Svizzera) stiano spingendo già da tempo le loro organizzazioni governative (e non solo quelle) a passare al sistema operativo Linux.

Anche il governo cinese ha creato (per motivi di crescita ed indipendenza-sovranità tecnologica, anche lato infrastrutture nazionali per l’IA) un’apposita serie di distribuzioni Linux, per un utilizzo mirato all’interno di enti pubblici, militari e strategici (nella federazione Russa è stata ancor prima intrapresa un’azione simile a quella cinese anche se meno pubblicizzata visto che è stata realizzata principalmente per l’ambito difesa). Una transizione tecnologica controcorrente (rispetto alle scelte tecnologiche del passato) che guarda caso riguarda soprattutto i maggiori stati (stando alla stampa internazionale) dietro ai principali attacchi informatici perpetrati nell’area continentale.

Il fatto poi che uno dei più grandi produttori internazionale di computer sito in Pechino abbia già da diversi anni iniziato a promuovere su larga scala la vendita di desktop e portatili Linux per un’utilizzo anche in ambito business nel mercato nazionale ed estero dovrebbe far riflettere su quella che è la strada maestra da percorrere a livello digitalizzazione “più sicura” futura.

Qui in Italia (ma non nel resto d’Europa in particolare in Francia dove il software libero è considerato un pilastro per l’indipendenza-sovranità tecnologica nazionale “Souveraineté économique”) si pensa ancora che le workstations basate su Linux non siano adatte alla maggior parte delle nostre imprese ed enti pubblici (nel mentre numerosi imprenditori visionari d’oltre oceano o asiatici hanno da tempo creato nuovi business milionari anche grazie all’uso sapiente del software libero).

In effetti se in ufficio (noncuranti del fatto che quasi tutto quello che ideiamo-realizziamo-archiviamo sul computer-cloud può essere potenzialmente analizzato con telemetrie proprio dai produttori dei software. . vedi Recall su Windows 11 ) si utilizzano gestionali sviluppati su Windows o programmi specialistici di progettazione e disegno CAD (che è poi la configurazione tipica di tante micro, PMI e grandi aziende nazionali del settore metalmeccanico, edile) l’opzione Linux come sistema operativo aziendale primario diventa difficile se non impossibile da percorrere almeno in ambito desktop (anche se stanno arrivando sul mercato CAD nativi Linux di livello professionale basati su licenze commerciali). Cionondimeno esistono comunque dei cad (al solito più diffusi nel resto d’Europa) elettronici (PCB), elettrici e meccanici “2D/3D” interamente rilasciati sotto licenza libera (KiCad, QElectroTech, FreeCAD, QCAD, FreeCAD) già presenti nelle principali distribuzioni Linux (anche se le traduzioni in italiano dell’interfaccia utente non sono sempre complete e i software non gestiscono i formati proprietari dei disegni/schemi .dwg).

CAD che al momento (nonostante siano ancora carenti lato funzionalità) sono adottati principalmente da moderne ed avanzate società del settore automazione, elettronica, embedded, telecomunicazioni, aerospaziale più avezzi all’utilizzo di tecnologie emergenti.

Per non parlare dell’abitudinarietà (che è poi il grande vero ostacolo a qualsiasi cambiamento tecnologico/piano di innovazione nelle aziende) di molti utilizzatori di PC in difficoltà o semplicemente contrari ad apprendere l’uso di nuovi software (solitamente più semplici, minimalisti e “privi di numerose features superflue” rispetto alle controparti proprietarie-commerciali) e/o accettare cambiamenti dell’interfaccia utente (molti fornitori di tecnologie digitali a volte dimenticano che chi utilizza il computer solo per svolgere il proprio lavoro impiegatizio o manageriale in ufficio e/o in fabbrica, cantiere è quasi sempre molto conservativo e possono volerci mesi per abituarsi al nuovo strumento informatico).

D’altro canto è possibile intraprendere (progetto SMDATA Lab) una “parziale” migrazione a Linux (con le necessarie verifiche preliminari di fattibilità e compatibilità con l’hardware esistente), se l’organizzazione già opera con gestionali accessibili via web/cloud (oggi sempre più diffusi soprattutto nelle piccole realtà aziendali) ed il proprio ambito lavorativo è prevelentemente di coordinamento, oltre che commerciale e gestionale nel service industriale.

Se poi si lavora nella nicchia di mercato legata alle applicazioni scientifiche e di ricerca, oltre che nel settore informatico delle grandi corporations e startup tecnologiche la migrazione diventa ancora più fattibile visto che in questi comparti sono anni che si utilizzano desktop, portatili e server Linux (nel tempo sono addirittura nati oltre agli OEMs cinesi, dei produttori americani e tedeschi-olandesi di computer di fascia alta che installano nativamente il sistema operativo Linux realizzando avanzate workstations, per non parlare del crescente mercato degli smarthphones “degooglizzati” per migliorare la privacy/confidenzialità degli utenti).

Inoltre è sempre più facile imbattersi su internet nel comparto Industria 4.0 di aziende che usano infrastrutture ICT Linux per gestire le attività di progettazione, collaudo e service post-vendita delle complesse architetture informatiche industriali (OT & Embedded) dei sistemi “software-intensive” SCADA/ICS/IACS di supervisione, automazione, controllo (e relativa quadristica elettrica di comando, bordo macchina).

Ora, tornando invece al problema degli attacchi ransomware, a prescindere dalla tipologia di azienda e business, molte piccole organizzazioni possono essere comunque aiutate ad adottare parzialmente (in ambito SOHO Small Office/Home Office) sistemi Linux desktop, portatili e file server (meglio senza l’accesso al sempre più vulnerabile ed inaffidabile protocollo SMB) laddove si decida di dotarsi di una piccola infrastruttura informatica parallela di emergenza “Cyber Resilience & Digital Operations Survival Platforms” (realizzata con il ricondizionamento dei propri vecchi computer Windows obsoleti: XP, Vista, 7) da utilizzare nel caso si sia costretti dopo un attacco informatico a spegnere l’infrastruttura Windows principale.

Una soluzione minimale o meglio di “ingegneria/innovazione open-frugale avanzata” e/o “Maker” (che i grandi operatori della sicurezza informatica, potrebbero definire “di fortuna” o non professionale… anche se a dire il vero sono più di 20 anni che mi cimento ad aprire (anche durante viaggi-trasferte) su desktop Linux (utilizzati inizialmente solo come “Sand-Box”) allegati e-mail di phishing contenenti virus e malware di ogni genere senza incorrere in nessun particolare tipo di problema), ma che permette (in attesa che si ripristini l’infrastruttura informatica principale) di tenere in piedi almeno l’accesso al web, alla posta elettronica esterna, a fogli di calcolo e documenti privi di macro (chiaramente se presenti su un file server Linux di backup) e di poter continuare ad interagire parzialmente con i propri clienti, fornitori, oltre a un un numero limitato di colleghi/collaboratori (per dovere di cronaca ci sono numerose aziende che sono rimaste ferme e/o chiuse per settimane a causa dei ransomware).

Questo è possibile perchè il sistema operativo Linux è ad oggi poco diffuso negli uffici in modalità “on-premises” (soprattutto lato desktop, notebook, workstation) ma anche perchè intrinsicamente più “robusto”, “minimalista” ed “essenziale” (esistono studi sul legame tra complessità, sicurezza ed affidabilità di un sistema digitale) oltre che maggiormente rigoroso/rigido di Windows lato privilegi necessari all’installazione-esecuzione programmi e alla condivisione-trasferimento files. Il che lo rende oggi più immune dalle minacce informatiche più diffuse in particolare per i PC desktop (tipicamente software malevoli nascosti in e-mail, pagine web, PDF, immagini e documenti Office).

Un discorso diverso vale invece per i server Linux utilizzati in ambito web o cloud (a parte i costi sempre più importanti causati dall’attuale caro prezzi) che invece (complice l’ormai sempre più costosa, esasperata ed ingestibile complessità delle architetture cloud virtuali/containers implementate nei data centers) essendo altamente diffusi (e mal integrati-amministrati), sono da tempo vittima alla stregua dei sistemi Windows di tutta una serie di attacchi e vulnerabilità (affidarsi oggi alle sole infrastrutture cloud senza un backup fisico on-premises è sempre più rischioso). Per tale motivo sono in aumento le aziende (anche grandi gruppi high-tech che tengono ben custodito il loro know-how su macchine fisiche decentrate “on-premises” nelle loro sedi o data centers di prossimità fisicamente accessibili, stando ben lontani dal sempre più poroso e costoso cloud).

Esistono naturalmente numerose ed ottime soluzioni commerciali (quasi sempre estere) per la sicurezza-resilienza informatica, ma purtroppo la maggior parte non sono ad oggi alla portata di molte delle micro-piccole realtà aziendali, professionali ed artigiane con limitato potere di spesa, che sono invece quelle che il progetto SMDATA Lab intende servire.

Sostenibilità Digitale e Autonomia Tecnologica: Un Approccio Frugale e Innovativo per le Infrastrutture Informatiche Collaborative SOHO (Small Office/Home Office) nel Service Industriale

Introduzione

L’evoluzione del settore digitale ha portato a una crescente dipendenza dai grandi vendor hardware e software, limitando le più convenienti opportunità di autonomia tecnologica per le piccole organizzazioni di service industriale che si vogliono dotare di infrastrutture informatiche collaborative semplici e minimaliste (SOHO) dedicate alla raccolta, condivisione e analisi dati per il coordinamento e l’esecuzione di interventi in campo e in cantiere (field service & service post-vendita). Queste infrastrutture ICT (principalmente software CMS, CRM, Help-Desk/Ticket Management), spesso fruibili via web, sono essenziali per la gestione del ciclo di vita degli asset industriali (knowledge/life-cycle/asset management), inclusi storico interventi, guasti, modifiche, selezione ricambi, manualistica, schemi-disegni, configurazioni hardware, versioni software.

Un approccio basato su “product development-management” sostenibile e innovazione frugale avanzata consente di implementare soluzioni tecnologiche indipendenti, accessibili e durevoli, particolarmente rilevanti nel contesto dell’asset management & service di quadristica elettrica di comando-controllo, elettronica di potenza, bordo macchina e architetture digitali OT-Embedded per sistemi “software-intensive” SCADA/IACS/ICS utilizzati in applicazioni industriali basate su azionamenti, motori elettrici (BT) e attuatori. Inoltre, queste soluzioni migliorano l’indipendenza tecnologica e la resilienza operativa, garantendo maggiore sicurezza, stabilità e controllo (privacy & confidenzialità) sugli strumenti digitali utilizzati.

Il Concetto di Innovazione Frugale e Autonomia Tecnologica

L’innovazione frugale si basa sull’ottimizzazione delle risorse disponibili (in particolare in condizioni di cronica congiuntura economica non favorevole) per creare soluzioni efficaci, economiche e sostenibili. In ambito tecnologico, questo significa progettare e realizzare piccole infrastrutture informatiche collaborative (SOHO) che massimizzano l’efficienza con il minimo investimento di risorse finanziarie e materiali. Per le micro-piccole aziende che operano nel service industriale e nella gestione del ciclo di vita degli asset, l’autonomia tecnologica si fonda anche sulla capacità di implementare gestire (almeno in parte) soluzioni software e hardware senza dipendere da produttori di strumenti proprietari. L’uso di software libero (Open Source) e il riutilizzo di hardware obsoleto rappresentano strategie chiave per ridurre la dipendenza da aziende leader di mercato e altri fornitori di costose soluzioni gestionali. Questa indipendenza garantisce maggiore controllo sulle tecnologie adottate, una migliore gestione della sicurezza e una minore esposizione alle politiche commerciali imposte dai grandi vendor.

Riuso e Ricondizionamento dell’Hardware Obsoleto

Il settore tecnologico contribuisce in modo significativo all’inquinamento elettronico. Riusare hardware dismesso riduce la produzione di rifiuti elettronici e l’impatto ambientale della filiera produttiva. Per le piccole infrastrutture SOHO dedicate al service industriale, il processo di riuso dell’hardware include la pulizia e verifica dello stato dei dispositivi, la sostituzione di parti obsolete o difettose, l’installazione di sistemi operativi leggeri ed efficienti come Linux (in particolare Debian), la configurazione di software per la gestione delle attività operative, inclusi strumenti di ticketing, pianificazione degli interventi, gestione della documentazione tecnica (schemi, disegni, manualistica), storico guasti e analisi delle configurazioni hardware/software. Un caso concreto riguarda la trasformazione di PC e dispositivi mobili Windows (Vista, 7, 8, 10) obsoleti in macchine performanti con Linux, prolungandone la vita operativa di almeno cinque anni. Questa pratica si dimostra vantaggiosa per la gestione service interna. Inoltre, tale riconversione aumenta la resilienza operativa, poiché riduce il rischio di vulnerabilità derivanti dalla fine del supporto ufficiale dei sistemi operativi proprietari e garantisce continuità di servizio anche in condizioni critiche (tipicamente quando il resto dell’infastruttura ICT subisce attacchi ransomware).

Vantaggi e Sfide-Difficoltà dell’Approccio Proposto

L’uso di hardware ricondizionato e software Open Source permette alle infrastrutture SOHO del service industriale di ridurre significativamente i costi operativi, migliorare la sostenibilità ambientale e garantire un maggiore controllo sui dati aziendali (nuovamente privacy & confidenzialità). L’indipendenza tecnologica offre libertà di scelta nelle soluzioni adottate, evitando vincoli imposti dai vendor e riducendo il rischio di obsolescenza forzata. La resilienza operativa aumenta la stabilità e la sicurezza grazie alla riduzione della dipendenza da aggiornamenti proprietari. Tra le principali sfide (difficoltà nell’attuazione) si annoverano la resistenza al cambiamento da parte degli utenti, superabile con formazione e sensibilizzazione, e la compatibilità hardware (non sempre garantita), che la comunità Open Source lavora continuamente per migliorare.

Conclusione

L’adozione di un modello basato su innovazione frugale, riuso dell’hardware e software libero rappresenta una strategia sostenibile e accessibile per il futuro delle infrastrutture informatiche SOHO nel service industriale. Inoltre può rivoluzionare il modo in cui le piccole organizzazioni gestiscono la propria infrastruttura IT, rendendola più democratica, indipendente e rispettosa dell’ambiente. Inoltre, il vantaggio derivante dall’indipendenza tecnologica e dalla resilienza di queste soluzioni permette di creare infrastrutture più sicure e flessibili, capaci di adattarsi a contesti mutevoli senza dover subire imposizioni da parte di terzi.

P.S. so bene quindi quanto siano ogni giorno sempre più limitati (soprattutto oggi con le crisi strategiche ai confini con l’Europa ed il caro energia) i budget a disposizione per strutturarsi maggiormente (oltretutto con il fine pressante/immediato di trovare nuovi clienti e commesse per aumentare i profitti/ricavi e solo secondariamente di “innovare….” per migliorare l’efficienza interna della propria organizzazione aziendale).

Servono pertanto, si degli strumenti digitali di comunicazione e collaborazione aziendale (anche da remoto), oltre che di raccolta, condivisione ed analisi di dati ed informazioni per rimanere competitivi (velocizzando, snellendo ed automatizzando parte dei flussi operativi, oltre che le analisi quantitative di business), ma senza però affossare i già esigui budget disponibili.

Inoltre è bene ricordare che, laddove in passato sono stati fatti investimenti per digitalizzare, non c’è poi sempre stata in automatico la volontà da parte dei collaboratori di accogliere i cambiamenti introdotti (principalmente perchè lato informatico l’utilizzatore medio tende a rifiutare il cambiamento degli strumenti di lavoro quotidiano).

**I progetti-soluzioni-sistemi-tecnologie si basano sui principi “Efficient-Minimalism” & “KISS” (KEEP IT SIMPLE & SECURE)**

Informatica Libera (Linux, Open Source, FLOSS) per le piccole Organizzazioni di Service Post-Vendita Industriale (analisi del comparto dal punto di vista degli addetti ai lavori)

Nonostante il marketing e le numerose pubblicazioni accademiche sulla servitizzazione manifatturiera si prodighino nel promuovere la crescente importanza strategica degli emergenti modelli di business basati sui servizi industriali erogati a canone e/o uso-consumo (il tutto reso possibile dalle avveniristiche tecnologie IoT ed analisi predittive dell’intelligenza artificiale), ancora oggi il service post-vendita industriale di stampo tradizionale (basato sulla risoluzione reattiva di guasti e fornitura ricambi, oltre che erogato a misura, in economia, time-sheet o contratti a corpo, a scalare, a gettone) rimane ancora il modello operativo ed economico predominante sul mercato.

Con l’aggravante di venir spesso considerato da molte delle aziende manifatturiere e rivenditrici di beni strumentali (componenti, sistemi, equipaggiamenti, macchinari automatici di produzione) come “il male necessario” per poter continuare a vendere i propri prodotti.

Lo dimostra il fatto che in molte micro e piccole imprese (ma anche in molte aziende medio-piccole) la gestione del service è ancora delegata (come semplice centro di costo) all’ufficio commerciale/tecnico come una sorta di fastidiosa attività part-time.

Laddove il service esiste invece come ente formale e centro di profitto (come nella maggior parte dei grandi OEMs), questa risulta essere il più delle volte una sorta di “organizzazione sottodimensionata, perennemente in difficoltà nell’operare con efficienza e proattività”, cronicamente in stato di “tensione” con il resto dei dipartimenti aziendali più tradizionali (vendite, acquisti, ingegneria, produzione, amministrazione). E per dirla tutta, a volte nemmeno ben vista dal cliente finale (end-user), laddove la base installata non risulti funzionalmente robusta ed affidabile nel tempo (o ci vogliano ogni volta tempi biblici per inviare un tecnico/ricambio o risolvere un problema o guasto).

Sembra un controsenso, ma molti manutentori dei clienti (che ricordiamoci sono poi gli acquirenti principali dei contratti service) a torto o ragione si lamentano che molte organizzazioni di service post-vendita industriale dei fornitori abbiano sempre più (complici i considerevoli margini del comparto) “la loro ragion d’essere” fintanto che ci sono continui guasti da sistemare.

Mentre (e concordo con i manutentori) dovrebbero invece operare con interventi più sofisticati (senza sostituirsi in maniera pervasiva al personale interno dell’end-user) e “generativi di valore” per il cliente (basati sulle pratiche dell’ingegneria di manutenzione e del più moderno asset-management & reliability-management) volti a prevenirli o limitarli almeno in parte e che soprattutto non richiedano ogni volta il costoso invio reattivo-in urgenza di un tecnico d’assistenza in campo anche per le anomalie di funzionamento più banali (le limitazioni ai viaggi del personale tecnico di field-service durante la pandemia e le difficoltà ad approvvigionare ancora oggi i ricambi dovrebbero averci insegnato la lezione).

Da qui a mio avviso l’importanza di digitalizzare (non tutto, come promosso da un certo marketing, ma solo quello che realmente-praticamente serve ed è utile) sempre più la propria base d’installato con le tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 – Manutenzione 4.0: sistemi di tele presenza e/o tele manutenzione e/o telediagnosi e/o monitoraggio-accesso in remoto più in generale.

Senza dimenticare di farlo anche presso gli uffici delle organizzazioni commerciali e di gestione contratti post-vendita industriali, dotandoli di strumenti collaborativi (semplici e minimali) come CMS, CRM e Ticket Manager/Help-Desk atti a creare un’infrastruttura digitale anche di “knowledge management” (creare uno storico anomalie/guasti/interventi su database condivisi facilmente interrogabili ed elaborabili) per la propria base d’installato, così da innescare analisi affidabilistiche proattive e strutturate (esempio: root-cause-analysis RCA) da trasformare successivamente in nuove opportunità di vendita per interventi manutentivi e o progetti d’ammodernamento (upgrade, retrofit, revamping, replacement, expansion) di “maggior valore” per il cliente (oltre che naturalmente per velocizzare l’accesso alle informazioni necessarie all’esecuzione degli interventi in campo-cantiere o di semplice supporto telefonico ed e-mail da parte degli addetti service post-vendita).

Ad oggi invece l’attenzione per il digitale delle organizzazioni service è ancora quasi esclusivamente indirizzata ai soli strumenti informatici (gestionali-amministrativi) per inserire ordini, contabilizzare gli interventi, prelevare dal magazzino i ricambi, stampare rapportini, DDT ed inviare fatture. Inoltre la crescente regolamentazione EU lato digitale, ha introdotto un ulteriore freno a digitalizzare estensivamente la propria organizzazione (in particolare nelle micro-piccole imprese prive dei necessari budget) per paura delle violazioni informatiche (es. data-breach, ransomware) e del costo/complessità degli adempimenti-architetture lato sicurezza-privacy (e relative potenziali verifiche-ispezioni-sanzioni).

Più di 25 anni di lavoro nel comparto (dapprima come tecnico trasfertista e poi come gestore-coordinatore lavori in campo-cantiere/field-service) mi hanno insegnato che “lato investimenti” solo le rimanenze dei budget aziendali (storicamente indirizzati ai reparti di produzione ed ingegneria) sono messi a disposizione del service, dando però priorità alle sole spese per nuove attrezzature tecniche e dispositivi di protezione individuali (DPI) del personale trasfertista che effettua gli interventi in campo (field-service).

Chi invece lavora nella “commercializzazione & gestione” dei contratti post-vendita (commerciali, gestori, capi commessa, operatori front-office/back-office) è molto probabile che si ritrovi ad operare con strumenti informatici obsoleti, limitati o comunque non adeguati a supportare e coordinare l’intero ciclo degli articolati processi operativi per il service (che ripeto non sono solo esclusivamente quelli amministrativi e contabili).

Tipico è il caso dell’addetto abituato ormai da anni a lavorare con computer e software obsoleti rispetto ai colleghi degli altri reparti, solitamente con un accesso parziale all’ERP aziendale (solo per la parte inserimento/fatturazione ordini di intervento in campo e controllo giacenze/consegne ricambi), lasciandolo quotidianamente e caoticamente in balia di numerose telefonate, e-mail, modelli word (magari solo nella lingua italiana) e fogli excel (i classici listoni condivisi sul file server aziendale) atti a sopperire alla mancanza di strumenti di raccolta, condivisione (dati, informazioni, conoscenza), collaborazione e coordinamento organizzativo-operativo (oltre che di analisi dei dati aziendali di reparto) dedicati al particolare iter operativo del service post-vendita per beni strumentali. Per non parlare dell’ingente numero di ore uomo settimanalmente sprecate nel raccogliere (con solleciti, e-mail, telefonate, visite, riunioni) dati e informazioni detenute dal solo personale d’ingegneria e/o field service.

Se poi si lavora (come è sempre più il caso) con una base d’installato principalmente estera appartenente ad una clientela quasi sempre straniera, le operazioni si complicano ulteriormente. Ricordiamoci che quasi tutti gli OEMs di beni strumentali nazionali lavorano da più di 20 anni principalmente per l’export, cionostante molti dei processi, documenti e strumenti informatici aziendali hanno ancora una forte connotazione per il solo mercato nazionale (un particolare che ho sempre apprezzato del lavorare nei subappalti per l’oil&gas, petrolchimico è vedere le aziende “EPC” italiane più grandi spingere nel far comunicare in lingua inglese la maggior parte del proprio personale interno-esterno oltre a tutta la catena di fornitura-appalto. Questo lo si evince di frequente nelle comunicazioni e-mail di commessa anche tra soli connazionali che avvengono quasi sempre in lingua inglese).

Da febbraio 2023 ho pertanto ripreso a sviluppare, testare e promuovere un progetto già intrapreso nel 2003 (con una mia precedente iniziativa professionale), ritornando ad occuparmi di come digitalizzare (ad oggi solo mediante soluzioni SOHO prototipali) con “l’informatica libera” (e strumenti Office) in maniera sostenibile e a basso costo innanzitutto le piccole organizzazioni di vendita e gestione per i contratti esteri di service post-vendita industriale e field service dei beni strumentali industriali “software-intensive” e applicazioni (greenfield/brownfield) d’automazione industriale (anche e soprattutto Industria 4.0).

Il tutto partendo dall’assunto che già da tempo i sistemi Linux ed il software libero sono utilizzati dalle grandi aziende dell’informatica nazionale per coordinare con successo le attività di service post-vendita (Managed Services/ITIL) per i loro sistemi, progetti e servizi digitali.

Per gli operatori del service post-vendita industriale & field service industriale interessati ad approfondire il contenuto dell’articolo, sottolineo che nei miei interventi professionali non è prevista la vendita di hardware e/o software (i programmi sono Open-Source quindi liberamente scaricabili da internet da chiunque, o fruibili direttamente attraverso sottoscrizione con il produttore di software in modalità cloud-SaaS freemium senza supporto tecnico e alternativamente anche a pagamento comprensivo di servizio backup-manutenzione-aggiornamento).

E’ invece incluso il mio supporto diretto per installare ed utilizzare tali programmi presso i vostri uffici in modalità “on-premises” oltre alla graduale fornitura (e relativo addestramento all’uso) di un “business framework” in lingua inglese (processi, procedure, istruzioni, metodi, tecniche, modelli, strumenti) ideato per supportare chi lavora dall’ufficio/casa (anche in smart-remote working) nelle operazioni di coordinamento-esecuzione field service & service post-vendita industriale internazionale specificamente lato beni strumentali industriali “software-intensive”, applicazioni d’automazione industriale (discreta) e tecnologie Industria 4.0.

Semplifica Digitale

Grazie alla pregressa ed estensiva esperienza lavorativa (presso uno storico OEM industriale nazionale oggi parte di un gruppo U.S./giapponese) anche nella gestione di commesse tecniche (operazioni, contratti, progetti) nel service industriale (field/post-vendita) internazionale, ho dato il via alla promozione di un ulteriore progetto “Semplifica digitale” per supportare principalmente (ma non solo) le micro-piccole organizzazioni di service industriale del territorio che hanno deciso di avvalersi di software libero (Open Source) sulla robusta piattaforma (on-premises, Self-hosted, SOHO) “privacy-enhancing” Linux (desktop e server) anche lato produttività aziendale e gestione commerciale-contrattuale, tecnico-economica (*impariamo a proteggere anche le nostre informazioni aziendali*).

Aperto ad addestrare all’uso di software Open Source, come Calc (suite LibreOffice), Knime, Metabase, DBeaver nell’elaborazione dei dati di gestione e controllo commerciale-contrattuale, tecnico-economico “project-based” (con modellazione, simulazione, analisi dati e reportistica aziendale anche in lingua inglese) di budget (preventivazione, forecasts), ordini (acquisito-backlog), costi, riserve, fatturato (basato su time-sheets, avanzamenti lavoro a P.O.C.), cassa, margini.

Più in generale la formazione-supporto all’elaborazione dati (rendicontazione, controllo, contabilità di prestazioni-contratti-progetti) è idealmente rivolta (anche) a tutte le tipologie di micro-piccole imprese (orientate ad adottare le tecniche di project management & project control) che lavorano nell’ambito dei progetti e servizi tecnici-tecnologici-industriali su commessa nazionali-esteri, oltre che nei “small business immobiliari” a conduzione familiare.

Supporto inoltre gli utenti (interventi per l’accessibilità digitale) che adoperano workstation “privacy-enhancing/preserving” & “confidential computing” Linux Debian lato utilizzo strumenti (utente finale) per l’identità digitale, domicilio digitale, firma elettronica, pagamenti elettronici, e-banking, ma soprattutto con i particolari programmi e formati d’interscambio dati dei servizi pubblici.

**I progetti-soluzioni-tecnologie si basano sui principi “Efficient-Minimalism” & “KISS” (KEEP IT SIMPLE & SECURE)**

Sensing, Monitoring & Data Acquisition | Connectivity & OT-Embedded

Promuovo un ulteriore (mio) progetto e set di competenze (per l’economia di prossimità/innovazione tecnologica del territorio) specifiche per Industria 4.0/Manutenzione 4.0, monitoraggio ambientale e domotica wireless (attualmente in fase R&D, ricerca specifiche nuove partnerships tecniche, commerciali), rivolto allo sviluppo di una piccola (collaborativa-smart-work ready) organizzazione in outsourcing di project & service management (field/after-sales), specializzata nella gestione (commerciale, contrattuale, tecnico-economica, organizzativa, logistica, esecutiva, HSE, dispute-controversie-contenziosi) di semplici-robusti progetti OT minimalisti (prototipi/P.O.C. lato tecnologie Industria 4.0/Manutenzione 4.0, Domotica, IoT e sistemi embedded) per il rilevamento, monitoraggio, data logging e connettività più in generale (focus su monitoraggio, diagnostica, manutenzione predittiva).

Progetti OT realizzabili mediante l’uso cost-effective di sistemi Linux e software libero implementati su PC standard (anche obsoleti), low-cost PLC/schede elettroniche embedded (Arduino) e single board computers Raspberry Pi.

L’infrastruttura informatica “on-premises & privacy-preserving” di gestione progetti e servizi tecnici su commessa è prototipale oltre che realizzata con sistemi Linux, software libero ed il “riuso” di computer obsoleti.

La soluzione ICT si inserisce come estensione alle altre mie infrastrutture informatiche prototipali (Self-hosting, SOHO per micro-piccole imprese) collaborative (basate su CMS, CRM & Ticket Management software) dedicate alla raccolta, condivisione, analisi dati per l’attività di coordinamento-esecuzione interventi in campo-cantiere (field service & service post-vendita) e gestione del ciclo di vita (knowledge/life-cycle/asset management) della base d’installato (storico interventi, guasti, modifiche, selezione ricambi, manualistica, schemi-disegni, configurazioni-personalizzazioni hardware, versioni software) specificamente lato beni strumentali industriali “software-intensive”, applicazioni d’automazione industriale (discreta) e tecnologie Industria 4.0.

**I progetti-soluzioni-sistemi-tecnologie si basano sui principi “Efficient-Minimalism” & “KISS” (KEEP IT SIMPLE & SECURE)**