Sostenibilità Digitale e Autonomia Tecnologica: Un Approccio Frugale e Innovativo per le Infrastrutture Informatiche Collaborative SOHO (Small Office/Home Office) nel Service Industriale

Introduzione

L’evoluzione del settore digitale ha portato a una crescente dipendenza dai grandi vendor hardware e software, limitando le più convenienti opportunità di autonomia tecnologica per le piccole organizzazioni di service industriale che si vogliono dotare di infrastrutture informatiche collaborative semplici e minimaliste (SOHO) dedicate alla raccolta, condivisione e analisi dati per il coordinamento e l’esecuzione di interventi in campo e in cantiere (field service & service post-vendita). Queste infrastrutture ICT (principalmente software CMS, CRM, Help-Desk/Ticket Management), spesso fruibili via web, sono essenziali per la gestione del ciclo di vita degli asset industriali (knowledge/life-cycle/asset management), inclusi storico interventi, guasti, modifiche, selezione ricambi, manualistica, schemi-disegni, configurazioni hardware, versioni software.

Un approccio basato su “product development-management” sostenibile e innovazione frugale avanzata consente di implementare soluzioni tecnologiche indipendenti, accessibili e durevoli, particolarmente rilevanti nel contesto dell’asset management & service di quadristica elettrica di comando-controllo, elettronica di potenza, bordo macchina e architetture digitali OT-Embedded per sistemi “software-intensive” SCADA/IACS/ICS utilizzati in applicazioni industriali basate su azionamenti, motori elettrici (BT) e attuatori. Inoltre, queste soluzioni migliorano l’indipendenza tecnologica e la resilienza operativa, garantendo maggiore sicurezza, stabilità e controllo (privacy & confidenzialità) sugli strumenti digitali utilizzati.

Il Concetto di Innovazione Frugale e Autonomia Tecnologica

L’innovazione frugale si basa sull’ottimizzazione delle risorse disponibili (in particolare in condizioni di cronica congiuntura economica non favorevole) per creare soluzioni efficaci, economiche e sostenibili. In ambito tecnologico, questo significa progettare e realizzare piccole infrastrutture informatiche collaborative (SOHO) che massimizzano l’efficienza con il minimo investimento di risorse finanziarie e materiali. Per le micro-piccole aziende che operano nel service industriale e nella gestione del ciclo di vita degli asset, l’autonomia tecnologica si fonda anche sulla capacità di implementare gestire (almeno in parte) soluzioni software e hardware senza dipendere da produttori di strumenti proprietari. L’uso di software libero (Open Source) e il riutilizzo di hardware obsoleto rappresentano strategie chiave per ridurre la dipendenza da aziende leader di mercato e altri fornitori di costose soluzioni gestionali. Questa indipendenza garantisce maggiore controllo sulle tecnologie adottate, una migliore gestione della sicurezza e una minore esposizione alle politiche commerciali imposte dai grandi vendor.

Riuso e Ricondizionamento dell’Hardware Obsoleto

Il settore tecnologico contribuisce in modo significativo all’inquinamento elettronico. Riusare hardware dismesso riduce la produzione di rifiuti elettronici e l’impatto ambientale della filiera produttiva. Per le piccole infrastrutture SOHO dedicate al service industriale, il processo di riuso dell’hardware include la pulizia e verifica dello stato dei dispositivi, la sostituzione di parti obsolete o difettose, l’installazione di sistemi operativi leggeri ed efficienti come Linux (in particolare Debian), la configurazione di software per la gestione delle attività operative, inclusi strumenti di ticketing, pianificazione degli interventi, gestione della documentazione tecnica (schemi, disegni, manualistica), storico guasti e analisi delle configurazioni hardware/software. Un caso concreto riguarda la trasformazione di PC e dispositivi mobili Windows (Vista, 7, 8, 10) obsoleti in macchine performanti con Linux, prolungandone la vita operativa di almeno cinque anni. Questa pratica si dimostra vantaggiosa per la gestione service interna. Inoltre, tale riconversione aumenta la resilienza operativa, poiché riduce il rischio di vulnerabilità derivanti dalla fine del supporto ufficiale dei sistemi operativi proprietari e garantisce continuità di servizio anche in condizioni critiche (tipicamente quando il resto dell’infastruttura ICT subisce attacchi ransomware).

Vantaggi e Sfide-Difficoltà dell’Approccio Proposto

L’uso di hardware ricondizionato e software Open Source permette alle infrastrutture SOHO del service industriale di ridurre significativamente i costi operativi, migliorare la sostenibilità ambientale e garantire un maggiore controllo sui dati aziendali (nuovamente privacy & confidenzialità). L’indipendenza tecnologica offre libertà di scelta nelle soluzioni adottate, evitando vincoli imposti dai vendor e riducendo il rischio di obsolescenza forzata. La resilienza operativa aumenta la stabilità e la sicurezza grazie alla riduzione della dipendenza da aggiornamenti proprietari. Tra le principali sfide (difficoltà nell’attuazione) si annoverano la resistenza al cambiamento da parte degli utenti, superabile con formazione e sensibilizzazione, e la compatibilità hardware (non sempre garantita), che la comunità Open Source lavora continuamente per migliorare.

Conclusione

L’adozione di un modello basato su innovazione frugale, riuso dell’hardware e software libero rappresenta una strategia sostenibile e accessibile per il futuro delle infrastrutture informatiche SOHO nel service industriale. Inoltre può rivoluzionare il modo in cui le piccole organizzazioni gestiscono la propria infrastruttura IT, rendendola più democratica, indipendente e rispettosa dell’ambiente. Inoltre, il vantaggio derivante dall’indipendenza tecnologica e dalla resilienza di queste soluzioni permette di creare infrastrutture più sicure e flessibili, capaci di adattarsi a contesti mutevoli senza dover subire imposizioni da parte di terzi.

P.S. so bene quindi quanto siano ogni giorno sempre più limitati (soprattutto oggi con le crisi strategiche ai confini con l’Europa ed il caro energia) i budget a disposizione per strutturarsi maggiormente (oltretutto con il fine pressante/immediato di trovare nuovi clienti e commesse per aumentare i profitti/ricavi e solo secondariamente di “innovare….” per migliorare l’efficienza interna della propria organizzazione aziendale).

Servono pertanto, si degli strumenti digitali di comunicazione e collaborazione aziendale (anche da remoto), oltre che di raccolta, condivisione ed analisi di dati ed informazioni per rimanere competitivi (velocizzando, snellendo ed automatizzando parte dei flussi operativi, oltre che le analisi quantitative di business), ma senza però affossare i già esigui budget disponibili.

Inoltre è bene ricordare che, laddove in passato sono stati fatti investimenti per digitalizzare, non c’è poi sempre stata in automatico la volontà da parte dei collaboratori di accogliere i cambiamenti introdotti (principalmente perchè lato informatico l’utilizzatore medio tende a rifiutare il cambiamento degli strumenti di lavoro quotidiano).

“Sistemi Linux vs Ransomware”​ soluzioni a basso costo di Cyber Resilience & Digital Operations Survival Platforms per avere a disposizione (nelle piccole organizzazioni di gestione service industriale) dei computer d’emergenza durante gli attacchi informatici (oltre che durante le disfunzioni delle principali piattforme digitali commerciali sia cloud che on-premises)

** Sempre aperto ad incarichi-interventi per digitalizzare (con un paradigma ecosostenibile basato sull’ingegnosità-innovazione frugale avanzata e riuso-ricondizionamento dei propri computers Windows obsoleti, da convertire in moderne workstations/server Linux) il territorio e/o aree rurali-disagiate (anche estere) in contesti SOHO (Small Office/Home Office) privi dei necessari budget d’acquisto di tecnologie informatiche proprietarie/commerciali per rafforzare resilienza operativa digitale, privacy, confidenzialità durante l’uso dei PC e/o da adottare anche in caso di eventi complessi ed emergenziali (blocco globale catene di fornitura, blackout, calamità), ma soprattutto durante i sempre più diffusi attacchi informatici, disfunzionalità ed indisponibilità dei tradizionali sistemi ICT e servizi in cloud (anche causa cambi delle politiche-licenze commerciali e/o non rispetto del GDPR). **

Non passa giorno senza essere messi a conoscenza dell’ennesima azienda locale vittima di attacchi informatici ransomware creati per autopropagarsi in rete, criptare gli hard-disk e rendere di fatto inutilizzabile tutta l’infrastruttura digitale colpita (almeno sino al pagamento di un cospicuo riscatto in criptovaluta). Solo recentemente un importante e strategica infrastruttura cloud della pubblica amministrazione nazionale è finita fuori servizio per settimane creando innumerevoli problemi a cittadini, imprese (fatturazione elettronica) ed enti statali. Per non parlare di quello che accaduto a livello globale con il crash informatico mondiale del 19 luglio 2024, a causa di un banale e “benevolo” errore d’aggiornamento software di un importante azienda IT.

E’ facile pensare che il fenomeno sia relegato solo ad artigiani, ditte individuali, studi professionali, micro-piccole imprese (tradizionalmente in difficoltà ad investire nell’informatica per la cronica mancanza di sufficienti risorse finanziarie) e quando si scopre che anche le medie e grandi aziende (che invece investono maggiormente nel digitale) ma soprattutto le infrastrutture critiche, enti governativi, difesa (oltre alle aziende stesse di sicurezza informatica) sono a loro volta vittime di tali attacchi, si comprende il perchè molte nazioni (in Europa principalmente Francia, Germania, paesi scandinavi, baltici e recentemente anche Svizzera) stiano spingendo già da tempo le loro organizzazioni governative (e non solo quelle) a passare al sistema operativo Linux.

Anche il governo cinese ha creato (per motivi di crescita ed indipendenza-sovranità tecnologica, anche lato infrastrutture nazionali per l’IA) un’apposita serie di distribuzioni Linux, per un utilizzo mirato all’interno di enti pubblici, militari e strategici (nella federazione Russa è stata ancor prima intrapresa un’azione simile a quella cinese anche se meno pubblicizzata visto che è stata realizzata principalmente per l’ambito difesa). Una transizione tecnologica controcorrente (rispetto alle scelte tecnologiche del passato) che guarda caso riguarda soprattutto i maggiori stati (stando alla stampa internazionale) dietro ai principali attacchi informatici perpetrati nell’area continentale.

Il fatto poi che uno dei più grandi produttori internazionale di computer sito in Pechino abbia già da diversi anni iniziato a promuovere su larga scala la vendita di desktop e portatili Linux per un’utilizzo anche in ambito business nel mercato nazionale ed estero dovrebbe far riflettere su quella che è la strada maestra da percorrere a livello digitalizzazione “più sicura” futura.

Qui in Italia (ma non nel resto d’Europa in particolare in Francia dove il software libero è considerato un pilastro per l’indipendenza-sovranità tecnologica nazionale “Souveraineté économique”) si pensa ancora che le workstations basate su Linux non siano adatte alla maggior parte delle nostre imprese ed enti pubblici (nel mentre numerosi imprenditori visionari d’oltre oceano o asiatici hanno da tempo creato nuovi business milionari anche grazie all’uso sapiente del software libero).

In effetti se in ufficio (noncuranti del fatto che quasi tutto quello che ideiamo-realizziamo-archiviamo sul computer-cloud può essere potenzialmente analizzato con telemetrie proprio dai produttori dei software. . vedi Recall su Windows 11 ) si utilizzano gestionali sviluppati su Windows o programmi specialistici di progettazione e disegno CAD (che è poi la configurazione tipica di tante micro, PMI e grandi aziende nazionali del settore metalmeccanico, edile) l’opzione Linux come sistema operativo aziendale primario diventa difficile se non impossibile da percorrere almeno in ambito desktop (anche se stanno arrivando sul mercato CAD nativi Linux di livello professionale basati su licenze commerciali). Cionondimeno esistono comunque dei cad (al solito più diffusi nel resto d’Europa) elettronici (PCB), elettrici e meccanici “2D/3D” interamente rilasciati sotto licenza libera (KiCad, QElectroTech, FreeCAD, QCAD, FreeCAD) già presenti nelle principali distribuzioni Linux (anche se le traduzioni in italiano dell’interfaccia utente non sono sempre complete e i software non gestiscono i formati proprietari dei disegni/schemi .dwg).

CAD che al momento (nonostante siano ancora carenti lato funzionalità) sono adottati principalmente da moderne ed avanzate società del settore automazione, elettronica, embedded, telecomunicazioni, aerospaziale più avezzi all’utilizzo di tecnologie emergenti.

Per non parlare dell’abitudinarietà (che è poi il grande vero ostacolo a qualsiasi cambiamento tecnologico/piano di innovazione nelle aziende) di molti utilizzatori di PC in difficoltà o semplicemente contrari ad apprendere l’uso di nuovi software (solitamente più semplici, minimalisti e “privi di numerose features superflue” rispetto alle controparti proprietarie-commerciali) e/o accettare cambiamenti dell’interfaccia utente (molti fornitori di tecnologie digitali a volte dimenticano che chi utilizza il computer solo per svolgere il proprio lavoro impiegatizio o manageriale in ufficio e/o in fabbrica, cantiere è quasi sempre molto conservativo e possono volerci mesi per abituarsi al nuovo strumento informatico).

D’altro canto è possibile intraprendere (progetto SMDATA Lab) una “parziale” migrazione a Linux (con le necessarie verifiche preliminari di fattibilità e compatibilità con l’hardware esistente), se l’organizzazione già opera con gestionali accessibili via web/cloud (oggi sempre più diffusi soprattutto nelle piccole realtà aziendali) ed il proprio ambito lavorativo è prevelentemente di coordinamento, oltre che commerciale e gestionale nel service industriale.

Se poi si lavora nella nicchia di mercato legata alle applicazioni scientifiche e di ricerca, oltre che nel settore informatico delle grandi corporations e startup tecnologiche la migrazione diventa ancora più fattibile visto che in questi comparti sono anni che si utilizzano desktop, portatili e server Linux (nel tempo sono addirittura nati oltre agli OEMs cinesi, dei produttori americani e tedeschi-olandesi di computer di fascia alta che installano nativamente il sistema operativo Linux realizzando avanzate workstations, per non parlare del crescente mercato degli smarthphones “degooglizzati” per migliorare la privacy/confidenzialità degli utenti).

Inoltre è sempre più facile imbattersi su internet nel comparto Industria 4.0 di aziende che usano infrastrutture ICT Linux per gestire le attività di progettazione, collaudo e service post-vendita delle complesse architetture informatiche industriali (OT & Embedded) dei sistemi “software-intensive” SCADA/ICS/IACS di supervisione, automazione, controllo (e relativa quadristica elettrica di comando, bordo macchina).

Ora, tornando invece al problema degli attacchi ransomware, a prescindere dalla tipologia di azienda e business, molte piccole organizzazioni possono essere comunque aiutate ad adottare parzialmente (in ambito SOHO Small Office/Home Office) sistemi Linux desktop, portatili e file server (meglio senza l’accesso al sempre più vulnerabile ed inaffidabile protocollo SMB) laddove si decida di dotarsi di una piccola infrastruttura informatica parallela di emergenza “Cyber Resilience & Digital Operations Survival Platforms” (realizzata con il ricondizionamento dei propri vecchi computer Windows obsoleti: XP, Vista, 7) da utilizzare nel caso si sia costretti dopo un attacco informatico a spegnere l’infrastruttura Windows principale.

Una soluzione minimale o meglio di “ingegneria/innovazione open-frugale avanzata” e/o “Maker” (che i grandi operatori della sicurezza informatica, potrebbero definire “di fortuna” o non professionale… anche se a dire il vero sono più di 20 anni che mi cimento ad aprire (anche durante viaggi-trasferte) su desktop Linux (utilizzati inizialmente solo come “Sand-Box”) allegati e-mail di phishing contenenti virus e malware di ogni genere senza incorrere in nessun particolare tipo di problema), ma che permette (in attesa che si ripristini l’infrastruttura informatica principale) di tenere in piedi almeno l’accesso al web, alla posta elettronica esterna, a fogli di calcolo e documenti privi di macro (chiaramente se presenti su un file server Linux di backup) e di poter continuare ad interagire parzialmente con i propri clienti, fornitori, oltre a un un numero limitato di colleghi/collaboratori (per dovere di cronaca ci sono numerose aziende che sono rimaste ferme e/o chiuse per settimane a causa dei ransomware).

Questo è possibile perchè il sistema operativo Linux è ad oggi poco diffuso negli uffici in modalità “on-premises” (soprattutto lato desktop, notebook, workstation) ma anche perchè intrinsicamente più “robusto”, “minimalista” ed “essenziale” (esistono studi sul legame tra complessità, sicurezza ed affidabilità di un sistema digitale) oltre che maggiormente rigoroso/rigido di Windows lato privilegi necessari all’installazione-esecuzione programmi e alla condivisione-trasferimento files. Il che lo rende oggi più immune dalle minacce informatiche più diffuse in particolare per i PC desktop (tipicamente software malevoli nascosti in e-mail, pagine web, PDF, immagini e documenti Office).

Un discorso diverso vale invece per i server Linux utilizzati in ambito web o cloud (a parte i costi sempre più importanti causati dall’attuale caro prezzi) che invece (complice l’ormai sempre più costosa, esasperata ed ingestibile complessità delle architetture cloud virtuali/containers implementate nei data centers) essendo altamente diffusi (e mal integrati-amministrati), sono da tempo vittima alla stregua dei sistemi Windows di tutta una serie di attacchi e vulnerabilità (affidarsi oggi alle sole infrastrutture cloud senza un backup fisico on-premises è sempre più rischioso). Per tale motivo sono in aumento le aziende (anche grandi gruppi high-tech che tengono ben custodito il loro know-how su macchine fisiche decentrate “on-premises” nelle loro sedi o data centers di prossimità fisicamente accessibili, stando ben lontani dal sempre più poroso e costoso cloud).

Esistono naturalmente numerose ed ottime soluzioni commerciali (quasi sempre estere) per la sicurezza-resilienza informatica, ma purtroppo la maggior parte non sono ad oggi alla portata di molte delle micro-piccole realtà aziendali, professionali ed artigiane con limitato potere di spesa, che sono invece quelle che il progetto SMDATA Lab intende servire.

Sistemi Linux e Software Libero per digitalizzare ed internazionalizzare le micro imprese locali: criticita’ e vantaggi percepiti dall’imprenditore

** l’attuale congiuntura economica (come certificato dall’ISTAT che conclama proprio in questi giorni la “stagnazione” del PIL italiano) richiede che anche le micro imprese volgano il loro sguardo al mercato estero direttamente, senza passare per le antiprofittevoli catene di appalto nazionali, che erodono a dismisura i margini di chi opera nella parte bassa delle reti di forniture) **

Da quando ho ripreso a promuovere sul territorio (principalmente presso artigiani, ditte individuali, micro imprese del comparto beni strumentali e manifatturiero) l’adozione di sistemi Linux, software open-source (anche con interfaccia utente in lingua inglese per facilitare l’internazionalizzazione dei micro uffici-reparti) per rafforzare le capacità di condivisione ed analisi dati all’interno delle piccole organizzazioni addette allo sviluppo commerciale, gestione progetti-servizi su commessa in campo-cantiere (field service) e service post-vendita industriale internazionale, ho dovuto rapidamente imparare a far fronte a tutta una serie di reazioni all’eventuale utilizzo da parte della maggioranza dei titolari d’azienda contattati.

Curiosità ed interesse iniziale, perchè l’imprenditore (ricordiamoci sempre che l’innovazione digitale è l’ultima delle preoccupazioni di chi manda avanti con grandi difficoltà una ditta individuale o micro impresa familiare in questo complesso periodo) intuisce di poter finalmente riammodernare e soprattutto internazionalizzare una parte della propria infrastruttura informatica con una spesa limitata, grazie all’assenza dei costi per le licenze software (riutilizzando ecosostenibilmente e convenientemente, laddove possibile, parte del proprio vecchio hardware ora obsoleto, in disuso).

Perplessità quando viene affrontato il tema del supporto tecnico che in molti casi viene demandato ad una non ben identificata comunità di utilizzatori e rete di micro aziende e professionisti informatici senza che vi sia una formale relazione commerciale con chi ha scritto il software libero (Open Source) originale.

Per non parlare poi dell’entropia normativa introdotta dai recenti regolamenti comunitari (redatti per multinazionali, ma applicate anche alle semplici partite IVA) in ambito digitalizzazione (anche lato software libero) delle nazioni membre EU.

Dubbi sulla qualità ed affidabilità di queste tecnologie, non appena si comprende che la licenza libera e gratuita sottindende anchenessuna garanzia sulla funzionalità del software stesso e nessun tipo di obbligo/impegno nei confronti dell’utilizzatore” (anche da parte dello specialista assunto a contratto che supporta/addestra “per il periodo necessario” il cliente nell’adozione delle stesse).

Reazioni iniziali che aprono poi lo strada ad una serie di obiezioni ancora più sostanziali e per le quali è necessario molto lavoro per arrivare a gestirle. Anche se il più delle volte mi è sufficiente far presente che dal 2003 con l’adozione di software libero ho fatto risparmiare per altre attività di famiglia (e non solo..), decine e decine di migliaia di euro, che altrimenti avrei fatto spendere per soluzioni proprietarie (oltre ad aumentare la loro capacità di lavorare agevolmente per/all’estero per grandi OEMs, EPC end-user nazionali, internazionali).

Ciononostante, molti degli imprenditori con i quali ho avuto modo di rapportarmi ritengono in prima battuta (e concordo con loro) che il proprio personale non avrebbe ne il tempo, ne la motivazione e in alcuni casi la capacità di imparare (oltre alle barriere linguistiche) ad usare nuovi strumenti digitali (in particolare se l’interfaccia di lavoro è in inglese e si discosta molto dalle tradizionali tecnologie commerciali mainstream).

Ma principalmente obbiettano del fatto che questi software nella loro modalità libera vengano rilasciati nativamente: liberamente scaricabili da internet (da chiunque) e pronti all’uso, senza nessun tipo di supporto ufficiale/formale (al di fuori di chat, sistemi documentali wiki e forum web), garanzia, certificazione e responsabilità sulla loro corretta funzionalità.

Il che potrebbe portare nel caso di un’ imprevista errata gestione o perdita dei dati ad un rallentamento o blocco delle attività lavorative dell’azienda, senza poi sapere chiaramente a chi rivolgersi per risolvere il problema (ricordiamoci però che il tema del “a chi mi rivolgo se il sistema smette di funzionare ?” è da sempre ricorrente nel mondo dell’informatica proprietaria e commerciale, ma con le licenze libere e gratuite il fenomeno si è in effetti accentuato).

Recentemente però, grazie ad un cambio delle clausole nelle licenze è diventato anche possibile, pur rimanendo nell’ambito dei software liberi, optare per un mix tra licenze gratuite e commerciali, con funzioni a pagamento più avanzate, supporto remoto incluso e fruizione tramite servizi cloud (SaaS) con sottoscrizione a pagamento. Ma con questa modalità (che tutela e supporta maggiormente l’utilizzatore) si ricade comunque negli stessi problemi per l’adozione di software proprietario, ovvero che non ci sarebbero i budget sufficienti a disposizione (in particolare con la congiuntura economica attualmente in corso) per l’investimento da parte di artigiani, ditte individuali, micro-piccole imprese (oltre al timore “fondato” di perdere il controllo dei propri dati commerciali non appena li riversiamo sui server esterni di un ente terzo).

Fermo restando che l’uso di sistemi Linux e software liberorimane sempre una scelta ed una responsabilità solo dell’imprenditore che li adotta“, deve essere chiaro che per il professionista assunto/dedicato a supportare l’adozione di queste tecnologie, non è comunque possibile supplire a carenze tecniche di prodotto o garantire e certificare funzionalità per software sviluppati da terzi (e soprattutto farsi carico della responsabilità di migrazioni, personalizzazioni, oltre che del buon esito del trattamento, backup e ripristino dei dati). Non ha nemmeno senso compararli come funzionalità ai più blasonati prodotti commerciali (soprattutto i software liberi di produttività e relativi gestionali sono lato funzionalità ancora molto indietro rispetto alle tecnologie proprietarie).

Cionostante (in particolar modo fuori dall’Italia dove l’inglese è parlato diffusamente) il numero di adozioni di sistemi Linux e software libero nelle micro e piccole imprese sta diventando comunque di giorno in giorno sempre più elevato e frequente (anche perchè indubbiamente più economico oltre che incentivato/sponsorizzato come tecnologia strategica dai principali stati europei), in particolare laddove:

a) è già presente in azienda un gestionale ERP accessibile via web/cloud

b) è possibile riutilizzare buona parte dei vecchi computer aziendali ora in disuso (almeno Intel Core 2 Duo a 64 bit con 4 GB di RAM da potenziare/velocizzare eventualmente con hard-disk a stato solido)

c) l’utilizzo di software con interfaccia grafica (GUI) diversa da Windows (e con interfaccia spesso in sola lingua inglese) non rappresenta un problema e sono sufficienti strumenti informatici minimali ed essenziali (privi di features superflue) senza il ricorso a costose e continue personalizzazioni

d) l’impresa continua a subire gravi interruzioni della propria attività per le perdite/furto di dati derivanti dai virus che criptano gli hard disk nei computer (cryptolocker e ransomware)

e) si hanno risorse finanziarie limitate per acquistare tecnologie e soluzioni informatiche proprietarie e commerciali

f) non è possibile per le limitazioni di budget (e/o perchè si vuole mantenere il controllo dei propri dati all’interno della propria sede lavorativa) utilizzare le più recenti tecnologie e soluzioni informatiche (il più delle volte basate sempre su software libero rilasciato però in modalità commerciale “Freemium”), erogate su piattaforme a pagamento cloud (Saas) e fatturate secondo il modello della sottoscrizione per numero di mesi, utenti e quantità di dati generati/archiviabili. (P.S. personalmente non ho ancora provato a sottoscrivere contratti con piattaforme cloud commerciali a consumo in quanto non mi è possibile capire a priori “con certezza” soprattutto con l’attuale caro prezzi quanto si andrà a spendere lato traffico-capienza dati, transazioni eseguibili, servizi attivati, etc. Inoltre molti grandi providers chiedono anche per testare la versione valutazione/prova del servizio di inserire preventivamente la carta di credito)

g) si hanno già le risorse tecniche interne (è il tipico caso delle startup) per supportare integralmente ed autonomamente queste tecnologie

h) l’imprenditore ha compreso che tali tecnologie libere potrebbero diventare già nel breve termine strategiche, aiutandolo a differenziarsi dai suoi concorrenti ammodernando, digitalizzando, internazionalizzando e sviluppando “con costi ridotti” l’organizzazione della propria azienda con gli stessi strumenti informatici (anche se minimali, essenziali) già in uso presso realtà più strutturate. Arrivando così a potersi presentare ai clienti potendo dimostrare non solo prezzi convenienti, capacità, competenze e qualità del proprio servizio/prodotto (come già fanno tutti), ma anche e soprattutto l’elevato livello di digitalizzazione introdotto per gestire parte dei propri processi aziendali in maniera moderna, collaborativa, organizzata, analitica e se necessario anche da remoto

Affinchè questi progetti di trasferimento tecnologico si tramutino sistematicamente in un successo, è di fondamentale importanza fare in modo che il processo di introduzione ed adozione per queste nuove tecnologie, “sia fortemente voluto dalla proprietà e accettato dal personale” e che avvenga in maniera graduale, sempre con un approccio sperimentale e prudenziale, solo per un numero limitato di collaboratori ed attività aziendali, limitando chiaramente al minimo anche il numero degli interventi del professionista a contratto per formazione e supporto (l’unico costo inizialmente in gioco, laddove non ci sia anche da acquistare o ricondizionare computer usati). Per esperienze pregresse sappiamo che se iniziano a levarsi malumori in azienda da parte degli utilizzatori con frasi del tipo. “non parlo inglese, sono qui per lavorare e non fare data entry o analisi lavorative/numeriche” è meglio lasciar perdere qualsiasi iniziativa di digitalizzazione ed internazionalizzazione che può essere solo ulteriormente deleteria per il proprio business (il mondo del digitale e del business estero non è purtroppo per tutti, come invece si cerca forzosamente di propinare da anni, e bisogna saperne prendere atto).

L’impresa avrà così modo gradualmente di valutare la qualità, affidabilità e utilità di questi moderni strumenti per la produttività, condivisione ed analisi dati aziendale, imparando nel contempo a gestire autonomamente le operazioni di backup e ripristino dei dati.

Solo dopo aver preso confidenza con le nuove tecnologie introdotte si potrà valutare con la proprietà un allargamento dell’adozione anche ad altri collaboratori e in caso di un utilizzo strategico ed intensivo, iniziare a richiedere preventivi per un supporto tecnico più avanzato e personalizzato coinvolgendo società di servizi IT più strutturate (diverse grandi aziende dell’informatica commerciale-proprietaria “per non farsi tagliare fuori dal mercato” hanno recentemente aperto divisioni interne per supportare i sistemi Linux presso multinazionali, istituti di credito, enti pubblici e governativi, anche se ad oggi le loro tariffe sono il più delle volte al di fuori della portata delle micro imprese con budget limitati) oltre eventualmente agli sviluppatori originali dei software liberi che offrono personalizzazioni e infrastrutture su cloud SaaS a pagamento.

I costi di gestione sicuramente lieviteranno rispetto al periodo iniziale (anche se resteranno ampiamente inferiori rispetto a quelli che sarebbero stati sostenuti per tecnologie proprietarie o commerciali), ma almeno l’imprenditore avrà già avuto modo di riscontrare un miglioramento organizzativo e di promuoverlo strategicamente anche presso nuovi clienti più grandi, sensibili all’elevato livello di organizzazione, intenazionalizzazione e digitalizzazione dei propri fornitori (da ex gestore di numerosi ed importanti subappalti nazionali/internazionali di field service industriale ricordo quanto fosse difficile per i micro/piccoli subappaltatori coinvolti nei lavori, farsi carico “come da contratto d’opera/subappalto/subfornitura” anche degli adempimenti gestionali in lingua inglese “contract, project & service, HSE management” del loro scopo di fornitura).


** ** I miei interventi sono concepiti per aiutare
a digitalizzare (con un paradigma ecosostenibile basato sull’ingegnosità-innovazione frugale avanzata e riuso-ricondizionamento dei propri computers Windows obsoleti, da convertire in moderne workstations/server Linux) il territorio e/o aree rurali-disagiate (anche estere) in contesti SOHO (Small Office/Home Office) privi dei necessari budget d’acquisto di tecnologie informatiche proprietarie/commerciali per rafforzare resilienza operativa digitale, privacy, confidenzialità durante l’uso dei PC e/o da adottare anche in caso di eventi complessi ed emergenziali (blocco globale catene di fornitura, blackout, calamità), ma soprattutto durante i sempre più diffusi attacchi informatici, disfunzionalità ed indisponibilità dei tradizionali sistemi ICT e servizi in cloud (anche causa cambi delle politiche-licenze commerciali e/o non rispetto del GDPR). **